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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 08:52.
L'ultima modifica è del 19 maggio 2010 alle ore 12:13.
Rientra dalla "finestra" provvisoria degli emendamenti l'estensione dell'arbitrato a tutte le liti, imponendo la scelta della conciliazione già al momento dell'assunzione. Oltre all'allungamento da 60 a 90 giorni dei tempi del ricorso per ogni tipo di situazione, anche «in caso di licenziamento intimato senza la forma scritta».
Fra gli oltre cento emendamenti al Ddl sul lavoro queste solo alcune delle proposte di modifica (presentate dal relatore, Maurizio Castro, Pdl) che oggi la commissione Lavoro del Senato inizierà a esaminare, con l'obiettivo di traghettare il testo in aula la prossima settimana. In pratica, l'emendamento che il relatore sostiene «ha il nullaosta del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi» prevede che un lavoratore del settore privato possa esprimere, al momento della sottoscrizione della clausola compromissoria, la volontà di ricorso all'arbitrato su tutte le controversie che dovessero insorgere in futuro. Le clausole compromissorie vanno certificate dalle commissioni di certificazione. Con ciò, annullando la modifica passata alla Camera dell'ex ministro Cesare Damiano (Pd), che consente invece ai lavoratori di scegliere di volta in volta, in caso di controversia con il proprio datore, se ricorrere all'arbitro o al giudice.
Cambiano, però, soprattutto i tempi per i ricorsi. Passa da 180 a 270 giorni la possibilità per i lavoratori di avviare il ricorso contro il licenziamento. Pena l'inefficacia dell'impugnativa. Il termine decorre dal deposito del ricorso alla cancelleria del tribunale. Lo stesso emendamento prevede che resti ferma la possibilità di produrre nuovi documenti anche dopo la data di deposito del ricorso, purchè essi si siano formati dopo questa data. Va ricordato che il provvedimento stabilisce che se la conciliazione o l'arbitrato richiesti sono rifiutati o non è raggiunto un accordo, il ricorso al giudice deve essere depositato entro 60 giorni.
Altra novità riguarda l'impugnativa di particolari ipotesi di licenziamento. Per quello in forma orale il legislatore, con un termine innovativo rispetto al passato, ha stabilito 90 giorni per rivendicare i propri diritti. Se non sono indicati i motivi, il lavoratore ha 90 giorni per impugnarlo: termine che decorre dalla data entro cui i motivi dovevano essere comunicati. Il legislatore, in quest'ultimo caso, inverte l'onere della prova, stabilendo che spetta al datore.