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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 17:23.
La si potrebbe chiamare la guerra degli Oscar. E non si tratta di una competizione tra grandi star di Hollywood che si contendono la nomination per la celebre statuetta. È invece una vera e propria guerra legale che l'Academy Motion Picture Arts and Sciences, che gestisce il prestigioso premio cinematografico, ha scatenato per mezzo mondo allo scopo di vietare a chiunque l'utilizzo della parola oscar per un marchio o una manifestazione collegata a premi.
Tra i primi a finire nel mirino dell'Academy è stata la Rai con i programmi diffusi negli States attraverso Rai International come Oscar della Moda, Oscar del vino, Oscar tv dell'anno. Ma poi il raggio di azione si è allargato in Europa, per colpire tutti i marchi o brevetti con la parola oscar, soprattutto se collegati alle trasmissioni televisive. È così che nella vicenda, a partire dal 2005, è stata coinvolta l'Associazione italiana sommelier, in particolare la sezione di Roma, che aveva ideato l'Oscar del vino la cui conduzione è affidata ad Antonella Clerici. Dopo una battaglia andata avanti per ben cinque anni, l'Ais Roma ha ottenuto un primo successo che costituisce un importante precedente: il tribunale di Roma, con una sentenza depositata a febbraio, ha sancito la «volgarizzazione» della parola oscar, ovvero la possibilità di utilizzarla come sinonimo di premio. Per le persone di lingua italiana può sembrare un risultato scontato, ma non è così. L'Academy aveva subito una prima sconfitta nel 2007 proprio in casa, perchè un giudice americano, in occasione della causa intentata contro la Rai, aveva stabilito che l'Academy non poteva avere l'esclusiva su quel nome. E pur trattandosi di una sentenza provvisoria negli States faceva giurisprudenza. Purtroppo, però, quella decisione non aveva valore per la legge italiana. La Rai aveva deciso così di sospendere o cambiare norme alle sue trasmissioni: l'Oscar del vino è diventato Premio internazionale del vino, mentre l'Oscar della moda è sparito, così come è stata sospesa la trasmissione condotta da Daniele Piombi, l'Oscar della tv, prodotto dalla Publishow e i cui diritti venivano ceduti alla tv nazionale. Dopo la sentenza Usa, Piombi ha citato in giudizio l'Academy in Italia per ottenere la «volgarizzazione» del termine oscar e in quella causa è intervenuta "ad adiuvandum" anche la Rai.