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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 21:07.
Introdotto, in primo luogo, il divieto di rendere noti, anche parzialmente e sia per sunto che per contenuto, documenti e atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche o dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari o fino al termine dell'udienza preliminare.
Vietato, poi, pubblicare, anche parzialmente e sia per sunto che per contenuto, pure, le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari, almeno fino a quando l'indagato (o il suo avvocato difensore) non ne siano venuti a conoscenza. Dopo di che se ne potrà pubblicare il contenuto. Stabilito, inoltre, il divieto di pubblicare documenti, atti o, semplicemente, contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione o che riguardino fatti, circostanze e persone estranee alle indagini e di cui sia stata disposta l'espunzione
Confermato che la violazione di tale divieto costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. E di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone sopra indicate, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l'organo titolare del potere disciplinare, che, nei successivi 30 giorni, verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a 3 mesi.