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Norme e Tributi Approfondimenti

Strada segnata per le società di comodo

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 08:07.

Un interpello più in linea con i vincoli stabiliti dalla legge è quello che si prospetta dopo l'emanazione della circolare 32/E/2010, documento che si può ben dire rappresenta una sorta di "Testo unico" interpretativo delle varie forme di interpello presenti nell'ordinamento tributario.
L'unico neo della circolare delle Entrate è rappresentato dal fatto che l'amministrazione finanziaria ritiene ancora obbligatorio l'interpello disapplicativo per le società di comodo. Qui la norma (articolo 30 della legge 724/1994) dispone chiaramente che «in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi … la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600».

Si tratta di una facoltà, visto che la norma senza ombra di dubbio dice che il contribuente «può presentare» istanza di interpello.
In passato, l'agenzia delle Entrate (circolari 5/E/2007 e 7/E/2009), aveva affermato che, in caso di mancata presentazione dell'istanza di interpello disapplicativo, l'eventuale ricorso a fronte dell'atto di accertamento basato sulla disciplina delle società di comodo, sarebbe risultato inammissibile. Si trattava, però, di affermazioni che risultavano nettamente in contrasto con le norme e i principi dell'ordinamento tributario.
Le ipotesi di inammissibilità del ricorso risultano infatti espressamente previste per legge dagli articoli 18 e seguenti del Dlgs 546/1992 (le norme sul contenzioso tributario) e tra queste, ovviamente, non vi è alcun riferimento alla necessità preventiva di presentazione del l'istanza di interpello per le società di comodo. Senza contare che l'inammissibilità del ricorso non può che essere stabilita dal giudice tributario.
Ora, con la circolare 32/E/2010, l'Agenzia corregge leggermente il tiro, ammettendo che quanto sostenuto in passato, circa la necessità del preventivo interpello disapplicativo per potere, eventualmente, presentare ricorso, non risulta corretto. Tuttavia, viene sostenuta l'obbligatorietà della presentazione dell'interpello per le società di comodo in quanto si tratterebbe di un'istanza necessaria ad ottenere un parere favorevole all'accesso a un regime derogatorio rispetto al regime legale. E l'obbligo deriverebbe – sempre secondo le Entrate – anche per consentire all'amministrazione finanziaria un monitoraggio preventivo in merito a particolari situazioni considerate dal legislatore potenzialmente elusive.

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Sicché, la mancata presentazione dell'istanza di interpello disapplicativo determinerebbe non più l'inammissibilità del ricorso, ma l'irrogazione della sanzione da 258 a 2.065 euro (articolo 11 del Dlgs 471/1997), prevista per l'omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria.

Anche tale interpretazione, tuttavia, non risulta in linea con il dettato legislativo, visto che la norma sulle società di comodo prevede espressamente la facoltà dell'interpello, con la conseguenza che non può essere imposto e sanzionato (in caso di inosservanza) un obbligo che non risulta tale.
Con questo non si vuole dire che non sia giusto che vi sia una sorta di «filtro preventivo» con l'amministrazione finanziaria prima di presentare l'eventuale ricorso e, anzi, per le società di comodo è opportuno presentare preventivamente l'interpello, ma non può essere accettato il fatto che la mancata presentazione dello stesso venga sanzionata.
Con riferimento alle altre istanze di interpello obbligatorie, la circolare 32/E/2010 richiama quelle delle istanze Cfc e quelle inoltrate per l'interpello disapplicativo di cui all'articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973. L'agenzia delle Entrate rileva che tra tali situazioni si possono ricondurre, a titolo di esempio, il possesso di una partecipazione in soggetti esteri localizzati in determinate giurisdizioni, la titolarità di un peculiare schema societario o l'attuazione di particolari operazioni di aggregazione aziendale.
La circolare evidenzia che l'obbligatorietà dell'istanza non muta comunque il carattere non vincolante della risposta, quale atto avente natura di parere, né tanto meno preclude al l'istante la possibilità di dimostrare anche successivamente la sussistenza delle condizioni che legittimano l'accesso al regime derogatorio.

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