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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 08:04.
MILANO
Tetto di tre anni, chance limitata alle nuove attività ed effetti solo sulla normativa statale, senza toccare quindi le imposte locali. Il Senato tenta di correggere in corsa, con queste e altre modifiche, l'impatto della manovra (articolo 41 del Dl 78/2010) che concede alle imprese comunitarie la facoltà di avviare una nuova attività in Italia optando per le norme fiscali di un altro stato della Ue (si veda anche l'altro articolo in pagina). Una misura dettata dalla necessità di incrementare il tasso degli investimenti diretti nella Penisola, ma che rischia di squilibrare la concorrenza in diversi settori del mercato nazionale mettendo le imprese Ue nelle condizioni di operare con un peso fiscale minore e un costo del lavoro più basso (il «regime fiscale di attrazione europea» infatti si estende a collaboratori e dipendenti dell'azienda "straniera").
L'articolo 41 è entrato formalmente in vigore da giugno anche se per essere applicabile necessita di un provvedimento del ministro dell'Economia che dovrà specificare la portata di queste limitazioni.
Con gli emendamenti predisposti dal senatore del Pdl e relatore della legge di conversione al Dl, Antonio Azzollini, si cerca però di contenere le conseguenze delle "novità", «che riguardano – spiega Azzollini – la normativa tributaria statale, mentre tutto ciò che riguarda la normativa tributaria regionale resta impregiudicata».
Se approvati a Palazzo Madama nell'ambito della legge di conversione dovrebbero quindi operare diversi paletti. In pratica, il regime più favorevole dovrebbe potersi applicare solo alle iniziative avviate in Italia, non prima del Dl 78; che siano effettivamente svolte nel territorio dello Stato; per un periodo di tempo limitato (tre anni); e solo per la normativa nazionale.
Nonostante queste possibili modifiche resta per molti operatori il dubbio sull'efficacia della disciplina, ovvero se la norma darà all'Italia più appeal sul mercato internazionale per gli investimenti dall'estero o se introdurrà una forma di concorrenza sleale a danno delle imprese nazionali.
Per i dottori commercialisti ed esperti contabili l'articolo 41, così com'è, rischia di essere una mina vagante per l'equilibrio dell'ordinamento tributario.