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Norme e Tributi Diritto

Marchi e brevetti in formato Ue

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 08:04.

Armonizzazione con il brevetto europeo, protezione più incisiva dei marchi e delle denominazioni d'origine contro comportamenti "parassitari", semplificazione delle regole processuali. Sono queste le direttrici dell'aggiornamento del Codice della proprietà industriale nel decreto legislativo – delegato al governo con la legge 99/2009 (articolo 19) – che oggi approda al Consiglio dei ministri. La seduta, in realtà, dovrà svelare un altro punto qualificante e a quanto sembra molto controverso, relativo ai brevetti universitari.

Nello schema di decreto licenziato nei giorni scorsi dalla commissione ministeriale, l'idea è di parificare università ed enti pubblici di ricerca al settore privato: ciò che il ricercatore "inventa", in sostanza, può essere registrato e perciò sfruttato economicamente dall'istituto, sempre che questo non abbia rinunciato esplicitamente. Nelle intenzioni del legislatore la parificazione alla disciplina delle aziende private (dove il dipendente non ha alcun titolo per brevettare le proprie creazioni) serve ad aprire un canale di autofinanziamento alle università, una sorta di compensazione ai tagli previsti dalla riforma Gelmini. Nelle ultime ore però sarebbe emerso un emendamento che cancella la norma: «Mi auguro che ciò non accada – dice il professor Cesare Galli, membro della Commissione ministeriale – sarebbe davvero ingiusto nei confronti degli atenei, discriminati rispetto alle imprese, e anche lesivo della delega legislativa».

L'intervento sul Codice della proprietà industriale, comunque, è molto vasto (130 articoli), e compone in un unico testo leggi e provvedimenti "spot" degli anni scorsi: si va dalle norme sulle biotecnologie – di fatto immutate, ma sistematizzate – ai "marchi" di regioni, comuni ed enti pubblici (per esempio su monumenti, bellezze geografiche e artistiche) che vengono rilanciati programmaticamente per permettere agli enti di fare cassa, fino alle norme sul Consiglio nazionale anticontraffazione (che già esiste).

Dove il decreto legislativo innova, recependo le sollecitazioni del mondo imprenditoriale e professionale, è nelle regole processuali di tutela dei marchi e nell'armonizzazione dei brevetti nazionali con quelli dell'area Epc (Europa comunitaria allargata ad altri paesi contraenti). Quanto alle procedure di protezione, debutta nella proprietà industriale la «consulenza tecnica preventiva» per l'accertamento della sussistenza e della violazione del diritto, che prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione. Altra importante novità, che risolve oscillamenti giurisprudenziali di merito circa l'ammissibilità, è la previsione dell'accertamento tecnico negativo in via d'urgenza in materia di marchi e brevetti: in sostanza – solo a titolo di esempio – un'impresa che produce prodotti a rischio di contestazione da parte del titolare di un marchio, potrà giocare d'anticipo chiedendo al giudice di stabilire che non viene violato il diritto altrui. Tra le altre novità processuali, la riunificazione della competenza per l'emanazione di descrizione, sequestro e inibitoria in capo allo stesso giudice (il che implica anche il riesame delle descrizioni, come imposto dalla Direttiva enforcement).

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Sul fronte dell'armonizzazione internazionale, il nuovo testo prevede che il brevetto europeo rilasciato per l'Italia «conferisce gli stessi diritti ed è sottoposto allo stesso regime dei brevetti italiani a decorrere dalla data in cui è pubblicata nel Bollettino europeo dei brevetti la menzione della concessione del brevetto».

Nuove regole, anche qui "internazionalizzate", per i segreti industriali e commerciali: la riformulazione mira all'allineamento con il Trips Agreement, superando le interpretazioni devianti che sembravano aprire a una tutela assoluta, e non limitata ai casi in cui l'acquisizione del segreto sia avvenuta mediante un'intrusione nella sfera di riservatezza del legittimo detentore del segreto stesso.

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