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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 08:15.
«E quattro». Il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, non trattiene la soddisfazione. Il consiglio dei ministri s'è appena concluso con l'approvazione in prima lettura del decreto legislativo sul federalismo municipale, testo che ora dovrà passare al vaglio delle commissioni parlamentari e della Conferenza unificata. Per lui si tratta di un'altra bandiera, la quarta appunto, piantata sul sentiero che porterà dritti al federalismo fiscale realizzato.
Secondo Calderoli questo decreto attuativo, concordato e limato fino all'ultimo dopo aver incassato il consenso dell'Anci, è forse il più importante. «Porterà a garantire un'autonomia fiscale ai Comuni, assicurando così che le risorse vadano direttamente là dove vengono prodotte» dice Calderoli, che è anche coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord. E subito aggiunge «l'autonomia, più la responsabilizzazione determinata dai fabbisogni standard ed il contrasto dell'evasione fiscale partendo dal basso rappresentano gli strumenti in grado di salvare questo paese e di premiare i bravi amministratori, mandando invece a casa, e per sempre, i cattivi amministratori».
Soddisfatto anche il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, il primo ad essere consapevole che dopo questo passaggio ora il filo del dialogo dovrà essere ripristinato proprio con i governatori, fermi su una linea del Piave per la conferma dei tagli ai trasferimenti statali decisa con la manovra biennale. «Con questo decreto e dopo quelli del federalismo demaniale e della definizione dei fabbisogni standard per Comuni e Province – dichiara il ministro davanti ai giornalisti che lo incontrano a Montecitorio – il governo dà prova evidentissima della sua capacità di fare riforme condivise che uniscono e non dividono il paese insieme con tutto il sistema delle Autonomie locali».
A mostrare il pollice girato verso il basso sul nuovo decreto legislativo è invece il Pd. Secondo Stefano Fassina, responsabile economia e lavoro del partito, l'unico aspetto positivo sta nella parziale restituzione di autonomia impositiva ai Comuni. Ma per tutto il resto non ci siamo: «Innanzitutto, sul piano politico è grave che si rinneghi la manovra approvata la settimana scorsa sui trasferimenti da avviare a fiscalizzazione – spiega Fassina – perché i Comuni non recuperano, neanche nel medio periodo, i 2,5 miliardi tagliati dalla manovra». Insomma, i conti non tornano e in questo modo si pregiudica il finanziamento dei fabbisogni standard: «ossia dei diritti fondamentali». Ma Fassina va oltre e contesta anche le soluzioni individuate per fiscalizzare i trasferimenti «in particolare la super-patrimoniale per imprese e famiglie, sono inaffidabili, inique e molto poco autonomiste. Insomma – è la sua conclusione – si pianta l'albero storto dell'autonomia finanziaria dei Comuni».