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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2010 alle ore 08:51.
Una delle novità di maggior impatto introdotte nel codice della strada dalla legge 120 è costituita dalla depenalizzazione della guida in stato di ebbrezza per la prima soglia di alcolemia contemplata dall'articolo 186, superiore a 0,5 grammi di alcol per litro di sangue (g/l) e non superiore a 0,8 g/l. La previsione comporterà, di fatto, l'impunità per quei conducenti denunciati prima dell'entrata in vigore delle modifiche, la cui posizione non sia stata ancora oggetto di sentenza definitiva di condanna. Effetto sorprendente, in considerazione del fatto che il legislatore appare, soprattutto negli ultimi anni, fortemente orientato a non cedere posizioni nella lotta contro la guida in stato di ebbrezza.
Per chiarire la questione, è necessario cominciare a mettere in evidenza il meccanismo generale che presiede la depenalizzazione di un reato, previsto dal comma 2 dell'articolo 2 del Codice, che così recita: «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali».
Il tenore della norma non può lasciare adito a dubbi, nel senso che la condotta che costituisce reato nel momento del suo compimento deve essere valutata alla luce della legge attuale, laddove sia stata operata una depenalizzazione. La norma evidentemente si ispira al principio della valutazione attuale dei comportamenti umani: punire con la privazione della libertà personale un fatto considerato non più illecito sotto il profilo penale urterebbe contro i più elementari principi del diritto. Si tratta ora di capire se, nel caso in questione, sia applicabile la normativa attuale, sulla base delle modifiche introdotte dalla legge 120.
Secondo il nuovo articolo 186 del Codice della strada, non costituisce più reato la guida in stato di ebbrezza, nei limiti descritti, e il conducente sorpreso a condurre un veicolo in tale situazione di alterazione psico-fisica non verrà più denunciato all'autorità giudiziaria, ma sarà assoggettato alla più semplice procedura delle violazioni amministrative. Il trattamento sanzionatorio, tuttavia, non può avere alcuna applicazione retroattiva, in virtù della disposizione di carattere generale contenuta nell'articolo 1 della legge 689/81. Infatti, tale norma, con espressione inequivocabile e applicazione univoca, sancisce l'irretroattività di qualsivoglia sanzione amministrativa. D'altro canto, valutando il fenomeno in un'ottica più ampia, è significativo notare come, nelle leggi di depenalizzazione passate (decreto legislativo 507/99, legge 689/81) il legislatore si fosse sempre preoccupato e curato di introdurre una disciplina transitoria, tale da evitare che le fattispecie depenalizzate rimanessero del tutto impunite. Il quadro così delineato parrebbe stendersi anche alle sanzioni amministrative accessorie per quelle condotte di guida in stato di ebbrezza non superiore a 0,8 g/l avvenute prima dell'entrata in vigore delle recenti modifiche. Infatti, la sospensione della patente, l'eventuale revoca in determinati casi e la stessa decurtazione di punteggio erano comunque legate, quali sanzioni amministrative accessorie, all'accertamento del reato che, per i procedimenti non definiti, non può più avvenire. Un ulteriore conforto alla tesi esposta deriva dall'articolo 100, comma 2 del decreto legislativo 507, laddove si prevedeva la non applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie ai reato depenalizzati, nel caso in cui queste ultime non fossero previste originariamente dalla norma penale. Argomentando a contrario, si potrebbe sostenere che le sanzioni amministrative accessorie alla fattispecie penale vengano travolte anch'esse dalla depenalizzazione. Tuttavia, su quest'ultimo punto, è lecito aspettarsi opinione diversificate e qualche diatriba applicativa.