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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2010 alle ore 08:01.
Esclusa l'esenzione Ici per gli immobili degli ordini religiosi in cui convivono attività di culto e commerciali. Infatti, un fabbricato utilizzato direttamente da una comunità religiosa non è esente dal pagamento dell'Ici, nel caso in cui sia destinato anche a casa per ferie e l'attività venga svolta in forma commerciale. Lo ha stabilito la Commissione tributaria provinciale di Verbania, seconda sezione, con la sentenza 42/2010.
La controversia era sorta in seguito a un avviso di accertamento emanato dal comune di Verbania, che contestava il benefico fiscale preteso da un istituto religioso per mancanza del requisito oggettivo richiesto dalla legge, in quanto il fabbricato era utilizzato per fini commerciali. Secondo il ricorrente, invece, l'immobile era al servizio di una comunità religiosa per attività «ricettiva-assistenziale», senza fini di lucro.
Per i giudici tributari, l'ente ecclesiastico esercitava attività «oggettivamente commerciale come la gestione di casa per ferie, rivolta ad un pubblico indistinto e dietro pagamento di quote giornaliere non irrilevanti». Dunque, per gli immobili destinati a queste attività non spetta l'esenzione Ici anche quando nell'ambito delle strutture vi sia la presenza di un piccolo luogo di culto (per esempio, una cappella).
In effetti, gli enti no profit sono esonerati dal pagamento dell'Ici solo se le attività che svolgono non hanno natura commerciale. Nello specifico, devono mancare gli elementi tipici dell'economia di mercato (quali il lucro soggettivo e la libera concorrenza) e devono essere presenti le finalità di solidarietà sociale. Spetta poi agli enti fornire la prova che ricorrano in concreto queste condizioni. In questo senso si è espresso il Dipartimento delle Finanze con la circolare 2/2009, che ha anche fornito dei chiarimenti sulle varie tipologie di attività che hanno diritto a fruire delle agevolazioni, fissandone i limiti.
L'articolo 7 del Dlgs 504/92, oggetto di interpretazione autentica con l'articolo 39 del Dl 223/06, genera dei dubbi in quanto riconosce l'esenzione alle attività ricreative, culturali, didattiche, sportive, assistenziali, sanitarie e così via, svolte da questi enti, purché non abbiano natura «esclusivamente commerciale». Per il dipartimento, però, «un'attività o è commerciale, o non lo è». Dal momento che non è possibile individuare una terza categoria, occorre verificare i requisiti caso per caso.