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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 07:46.
La sentenza della Cassazione che "sblocca" le tabelle millesimali dei condomini è un passo importante, soprattutto per disinnescare le tensioni di vicinato, ma non definitivo per semplificare la fotografia della ripartizione della proprietà. Così almeno la pensano gli amministratori di condominio, in parte anche critici con i giudici delle Sezioni Unite.
«Nonostante la corposità della motivazione e l'excursus giurisprudenziale – dice Matteo Rezzonico (Federamministratori) – la cassazione si è occupata di una semplice tabella di gestione per le spese di riscaldamento. Di questo si tratta, sul versante delle tabelle di proprietà nulla è cambiato».
L'innovazione comunque non è da poco, considerato che la quasi totalità delle liti coinvolge le spese correnti: «Questo è vero – dice Rezzonico – ma tenga presente che i giudici di merito ormai seguono questo orientamento da un po' di tempo. E, comunque, la sentenza delle sezioni unite non cambia le regole per i regolamenti di gestione di natura negoziale, quelli cioè che il proprietario ha siglato, per esempio, assieme all'atto di acquisto dell'immobile. Quindi l'effetto reale della decisione sarà più limitato di quello che si può essere portati a immaginare».
Nel silenzio della sentenza sul punto, che non distingue di quali millesimi si tratti, se di gestione o di proprietà (differenza che del resto neppure è prevista dalla legge), anche Augusto Cirla – Assocondom – opta per la soluzione "minore".
«La sentenza non mi sembra possa interferire sul diritto reale dei condomini, che non può essere modificato a maggioranza assembleare – dice – ma il problema è anche un altro. I giudici dicono che, in fondo, l'assemblea dei condomini non fa altro che ratificare un dato tecnico, cioè la misurazione e la collegata ripartizione dei millesimi. Invece quello che manca è proprio la chiarezza sui criteri per la determinazione dei millesimi, che oggi sono abbastanza precari».