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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2010 alle ore 08:00.
La suocera non è tenuta a garantire la continuazione del godimento dell'immobile (concesso in comodato al proprio figlio) alla nuora, pur essendo quest'ultima assegnataria dei figli dopo la separazione. Lo ha affermato la sezione I civile della Cassazione. La sentenza 18619/10 ha confermato così l'accoglimento della domanda proposta dalla suocera nei confronti della nuora e finalizzata ad ottenere la restituzione dell'appartamento che la prima aveva concesso in comodato al figlio, almeno tre anni prima del matrimonio, nella specifica prospettiva dell'utilizzazione a suoi fini personali (anche di natura professionale), e che la seconda, dopo la separazione dal marito, aveva continuato ad occupare senza titolo.
La Suprema corte ha chiarito che, in un'azione del genere, compito dei giudici è quello di interpretare e qualificare il contratto di comodato, al fine di stabilire quale fosse stata l'effettiva intenzione delle parti contraenti in ordine alla destinazione dell'immobile (se a fini personali del comodatario o a casa familiare).
Infatti, il provvedimento di assegnazione della casa familiare, in sede di separazione giudiziale, al coniuge affidatario dei figli non fa venir meno la natura e il contenuto del contratto di comodato, con la conseguenza che se questo era stato stipulato senza alcuna destinazione, e solo dopo diversi anni è stato adibito a casa coniugale, prevale il contenuto del contratto originario e, quindi, il provvedimento di assegnazione non è opponibile al comodante. In tal senso si era espresso anche il tribunale distaccato di Acireale con una decisione datata 11 giugno 2008. Nel caso al centro di quella pronuncia, la moglie assegnataria ha subito gli effetti del recesso della suocera, la quale aveva stipulato un contratto di comodato con il figlio ben quattro anni prima del matrimonio ed al fine di destinare l'immobile per uso personale dello stesso.
Peraltro, non ha alcuna rilevanza il fatto che il comodante non si sia opposto alla successiva destinazione dell'immobile a casa familiare «ben potendo il silenzio serbato dalla comodante - si legge nelle motivazioni della sentenza 18619/10 - a fronte del diverso uso, trovare spiegazione nella mera tolleranza dell'inadempienza del comodatario».