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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 13:59.
Da Cornaredo a Mazara del Vallo, quando si tratta di studi di settore, l'intransigenza sembra essere il comun denominatore degli uffici fiscali. Dove si aprono, o dovrebbero aprirsi, le stanze del contraddittorio, commercialisti e consulenti si trovano spesso a rimbalzare contro un muro di gomma. «Se certi atteggiamenti – dice Guido Beltrame, dottore commercialista di Milano – servono a stanare gli evasori, quando è la legge a offrire al contribuente la facoltà di far valere le proprie ragioni, non è accettabile la mancanza di dialogo. Rientrando al lavoro, ho ricevuto una comunicazione da parte dell'ufficio con cui ho litigato per quattro mesi che riconosce la bontà della mia posizione. Si trattava di un mero errore di calcolo, ma mi sono dovuto rivolgere al garante del contribuente. E comunque ora dovrò fatturare al mio cliente le ore che ho dedicato alla pratica. La cosa mi mette in difficoltà. A rigor di tariffario potrebbe costargli più di quanto chiesto indebitamente dalle Entrate».
«La Cassazione ha chiarito senza mezzi termini – ricorda Nicola Mugrace, da trent'anni commercialista a Cornaredo, provincia di Milano – che l'accertamento da studi non può fondarsi sul solo scostamento tra quanto dichiarato e i livelli di congruità predeterminati da Gerico, ma deve essere supportato da altre prove. Una linea spesso non rispettata a livello territoriale. A volte difetta la preparazione, altre volte c'è perfino arroganza. Sicuramente manca la disponibilità ad andare oltre la matematica per mettere piede nella realtà. Si chiede di dimostrare il calo del giro d'affari con una documentazione impossibile da procurarsi. La crisi in quanto tale non giustifica nulla. E se i correttivi adottati non funzionano l'unica è dimostrare di avere una malattia gravissima e di essere inabili al lavoro».
L'amministrazione centrale, con numerose circolari, ha chiesto agli uffici periferici di irrobustire le pretese nei confronti dei contribuenti non in linea con gli studi con ulteriori elementi. «In tante circostanze, però, la preoccupazione prevalente è fare cassa», aggiunge Chiara Orsatti, studio a Milano. «Come massimo della concessione, in un paio di casi legati a errori compilativi, mi è stato suggerito di consigliare al mio cliente di adeguarsi comunque al minimo, per risparmiare perdite di tempo e complicazioni. Senza generalizzare, credo che in ambito locale sia passata l'idea che gli studi equivalgono a una minimim tax».