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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 10:08.
L'articolo «Studi di settore intransigenti», pubblicato sul Sole 24 Ore di ieri, necessita di alcune doverose precisazioni.
L'Agenzia delle Entrate ha diffuso agli uffici numerose circolari in cui è stata evidenziata la necessità che la presunzione di evasione dei ricavi e dei compensi, basata sulle risultanze degli studi di settore, sia confermata anche da altri dati ed elementi in possesso dell'Amministrazione, in modo da aumentare la proficuità delle attività di controllo.
Non solo. Agli uffici è stato anche inviato un Prontuario, di supporto all'attività di analisi e selezione, che contiene una serie di elementi, aggiuntivi rispetto alle risultanze di Gerico, per valutare più attentamente la posizione del contribuente e motivare in modo più dettagliato ed esaustivo l'atto di adesione.
I nostri uffici hanno, quindi, tutti gli strumenti per evitare "l'intransigenza" di cui vengono accusati nell'articolo e che, siamo sicuri, di poter escludere in modo generalizzato. Sicuramente, però, in una grande organizzazione come l'Agenzia delle Entrate possono esistere delle eccezioni che sarà nostro obiettivo individuare e, di conseguenza, eliminare anche grazie a segnalazioni puntuali da parte di consulenti e professionisti, più volte invitati, nel corso di tavoli di lavoro, a comunicarci eventuali comportamenti anomali da parte degli uffici.
La migliorata qualità dei nostri atti di accertamento è confermata dai numeri, oggettivi e inconfutabili, relativi al primo semestre
del 2010.
A fronte di una ulteriore riduzione dei controlli basati sugli studi di settore, si conferma il trend di crescita della maggiore imposta media accertata (che è passata da 8.300 euro dei primi sei mesi del 2009 a 9.600 euro dello stesso periodo del 2010) e di quella definita (da 3.900 a 4.500 euro).
Migliora anche il numero di accertamenti che vengono definiti con l'adesione da parte del contribuente: dal 51%, registrato nel primo semestre del 2009, al 59%
del 2010.