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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 08:01.
MILANO
Il termine per istituirli è appena scaduto, ma i consigli tributari chiamati dalla manovra estiva a spingere i comuni nella lotta all'evasione fiscale a fianco dell'amministrazione finanziaria devono ancora muovere i primi passi.
Una pattuglia di comuni medi e piccoli, tra cui qualche capoluogo di provincia, ha appena aperto il cantiere, ma le proposte di delibera non sono ancora arrivate in consiglio. A frenare gli amministratori locali c'è soprattutto l'incertezza su modalità di creazione e compiti del "nuovo" organismo (si veda «Il Sole 24 Ore» del 24 agosto), legata al fatto che la norma (articolo 18 della legge 122/2010) si limita a far rinascere i consigli tributari senza offrire una bussola per districarsi in un labirinto normativo che risale al decreto luogotenenziale 77 del 1945, emanato ancor prima che l'Italia fosse liberata dalle truppe tedesche. La normativa d'antan pone più di un problema pratico, a partire dall'elezione a suffragio universale dei consigli tributari: un iter con tanto di campagna elettorale e divisioni partitiche dei seggi che fa storcere il naso a molti.
«In realtà – spiega Maurizio Delfino, che al Viminale fa parte dello staff di Michelino Davico, sottosegretario con delega agli enti locali – questa previsione si può considerare superata dalla potestà regolamentare degli enti locali, che permette al comune di organizzarsi in maniera autonoma». Il riferimento, in particolare, è all'articolo 7 del Testo unico degli enti locali, che affida a comuni e province il compito di scrivere i propri regolamenti «per l'organizzazione e il funzionamento» di istituzioni e organismi di partecipazione e per «l'esercizio delle funzioni». Nella sua veste professionale di direttore del gruppo «Delfino & Partners», che svolge attività di consulenza per gli enti locali, lo stesso Delfino ha preparato una proposta di regolamento per i consigli tributari che affida le decisioni sulla nomina dei componenti al consiglio comunale, in base a criteri di competenza tecnica da individuare fra i candidati che rispondono a un bando di selezione.
Le scelte autonome su composizione, caratteristiche, criteri di nomina (e compensi) dei consigli tributari, del resto, permettono ai comuni di superare parecchi problemi organizzativi ma aprono al rischio però che la trasparenza e l'efficienza dei nuovi organismi possa cedere il passo a esigenze "politiche" di vario tipo. «Il tema è delicato – conferma Delfino – e per questa ragione la proposta punta la selezione sulla competenza tecnica, data per esempio dalle lauree di area giuridico-economica, e prevede un organismo snello e caratterizzato da regole sui compensi che ricalcano quelle previste per i revisori dei conti». Il nuovo organismo, infatti, rischia anche di trasformarsi in un costo aggiuntivo, in netta controtendenza con le sforbiciate agli organi collegiali previste in tutti gli ultimi interventi, e c'è anche chi ha proposto di introdurre una retribuzione proporzionale alle somme recuperate dall'evasione: «Dubito della legittimità di scelte come questa - aggiunge Delfino – ed è bene che sul tema i consigli comunali diano riferimenti precisi e univoci».