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Norme e Tributi Approfondimenti

Rimborsi Ires entro due anni

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:01.


L'agenzia delle Entrate alza definitivamente bandiera bianca nei confronti delle istanze di rimborso presentate dai contribuenti per il riconoscimento dei costi rettificati per competenza sulla base di una verifica fiscale.
I contribuenti che si sono visti rettificare il proprio reddito a seguito dell'errata imputazione di un componente negativo di reddito in un periodo d'imposta diverso da quello nel quale era stato originariamente dedotto potranno ora avvalersi, senza alcun ostacolo, dell'istanza di rimborso entro il termine di due anni dal momento in cui l'atto accertativo è divenuto definitivo. Ciò anche nell'ipotesi in cui siano decaduti i termini ordinari (48 mesi) per poter presentare la domanda.
La parola "fine" alla questione è, infatti, giunta con la circolare 23/E del 4 maggio scorso con la quale l'amministrazione finanziaria ha suggerito agli uffici locali di abbandonare i contenziosi aventi a oggetto tale problematica. Tuttavia, affinché il rimborso delle maggiori imposte possa essere riconosciuto senza particolari intoppi burocratici occorre che il contribuente ponga in essere alcuni accorgimenti già in sede di verifica.
Il quadro normativo
Il problema della possibilità di rettificare a proprio favore la dichiarazione dei redditi oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, a norma dell'articolo 2, comma 8-bis del Dpr n. 322/1998, era già stato risolto con la risoluzione 459/E del 2 dicembre 2008.
In essa le Entrate avevano sottolineato che al soggetto non poteva essere negata la facoltà di far valere il credito vantato; ciò non attraverso Unico, bensì inoltrando l'istanza di rimborso a norma dell'articolo 38 del Dpr n. 602/1973.
Nonostante il chiarimento, la questione restava aperta con riferimento a quelle situazioni in cui l'ufficio accertatore aveva provveduto, nel corso di una verifica, a imputare per competenza un componente negativo di reddito a un periodo d'imposta diverso rispetto a quello "prescelto" dal contribuente. Ciò soprattutto se risultava trascorso il termine dei 48 mesi per la domanda di rimborso ordinario.

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Tags Correlati: Agenzia Entrate | E. Vial | F. Furlani | G. Valcarenghi | Guardia di Finanza | Ires | L. Mambrin | R. Scalco | S. Cerato

 

La circolare 23/E/2010 ha definitivamente evidenziato che «il diritto al rimborso è esercitabile soltanto dal giorno in cui lo stesso può essere fatto valere».
Di conseguenza, esso decorre dalla data in cui la sentenza che ha affermato la legittimità del recupero del costo non di competenza è passata in giudicato, ovvero dalla data in cui è divenuta definitiva, come nel caso di accertamento con adesione, la pretesa dell'amministrazione fiscale al recupero del costo. In particolare, l'istanza può essere inoltrata entro due anni dalla definitività della sentenza o della pretesa a norma dell'articolo 21, comma 2 del Dlgs n. 546/1992.
Le questioni aperte
Ottenere il rimborso delle maggiori imposte collegate ai componenti negativi di reddito trasferiti per competenza da un esercizio all'altro, tuttavia, potrebbe non risultare ancora del tutto semplice. Ciò in quanto gli uffici territoriali potrebbero ancora porre alcuni ostacoli collegati, ad esempio, all'esatta individuazione del periodo in cui i costi sono di competenza.
Molte volte, infatti, i soggetti verificatori (Guardia di Finanza o agenzia delle Entrate) nei processi verbali di constatazione si limitano a sottolineare l'errata imputazione dei componenti negativi di reddito nell'esercizio controllato senza, tuttavia, esplicitare quale sarebbe dovuto essere il periodo corretto.
Questa "omissione" può apparire, a prima vista, di poco conto in quanto la competenza sovente può essere ricavata dalle motivazioni stesse della ripresa. Tuttavia, le Entrate potrebbero addurre la necessità di effettuare ulteriori controlli al fine di verificare il reale esercizio di deducibilità del costo dato che esso non è direttamente rilevabile dal pvc. Sarebbe quindi opportuno controllare con attenzione se il periodo è stato chiaramente esplicitato nel verbale e, in caso contrario, chiedere di effettuare la specifica.
Un altro aspetto problematico concerne l'eventuale ripresa di costi interamente dedotti nell'esercizio e per i quali, invece, si sarebbe dovuto procedere alla loro capitalizzazione in virtù della loro "accessorietà" a un bene capitalizzato.
In questo caso, alcuni uffici locali tendono a non riconoscere la rimborsabilità delle imposte collegate ai successivi ammortamenti in quanto questi non rientrerebbero nella "fattispecie oggetto della circolare 23/E/2010".
Sul punto, si ritiene che detto orientamento non sia corretto poiché l'ammortamento è un criterio contabile che consente di ripartire in più anni un costo e, inoltre, la circolare richiamata fa esplicito riferimento alla deducibilità dei componenti negativi di reddito e, all'interno di questo concetto, rientrano anche le quote di ammortamento.
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