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Norme e Tributi Fisco

Prove dubbie con il «sintetico»

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 08:13.

Se per gli studi di settore non vi è più alcun dubbio sul fatto che gli stessi da soli non possono rilevare come presunzioni semplici (si veda anche «Il Sole 24 Ore» di ieri), più di qualche perplessità si hanno, invece, sull'inquadramento del nuovo accertamento sintetico (redditometro compreso).


Gli studi
Per gli studi di settore, le sezioni unite della Corte di cassazione (sentenze del 18 dicembre 2009) hanno fissato definitivamente il principio che gli stessi non rappresentano altro che una possibile anomalia del comportamento fiscale del contribuente e solamente attraverso la successiva personalizzazione, da attuarsi con il contraddittorio, si possono avere i requisiti di gravità, precisione e concordanza propri delle presunzioni semplici. Va comunque rilevato che gli elementi di gravità, precisione e concordanza vanno in qualche modo "sdrammatizzati". Si tratta di un'aggettivazione ridondante e non particolarmente significativa: la precisione, ad esempio, non può essere propria di una presunzione. D'altro canto, l'ordinamento italiano sta mantenendo in vita una previsione che deriva dall'articolo 1353 del Codice napoleonico (anno 1804). Sembra più corretto affermare che si ha una presunzione semplice quando c'è un insieme di elementi presuntivi in grado di determinare un'elevata probabilità del fatto presunto.

L'accertamento sintetico
Quanto all'accertamento sintetico (redditometro compreso), prima delle modifiche introdotte dalla manovra economica 2010, la Cassazione aveva prevalentemente sancito la natura di presunzione legale, con inversione dell'onere di prova in capo al contribuente. Vi erano – prevalentemente in dottrina – anche delle tesi diverse, che intendevano inquadrare l'accertamento sintetico tra le presunzioni semplici, così come vi era chi riteneva l'accertamento sintetico annoverabile tra le presunzioni semplici e il redditometro tra le presunzioni legali. Quest'ultima tesi, però, era forse quella più facilmente contestabile in quanto il redditometro non è altro che una specie del più ampio genere dell'accertamento sintetico e, quindi, non poteva essere che una specie avesse un inquadramento presuntivo superiore rispetto al genere di cui fa parte.

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La presunzione
Dopo le modifiche apportate dal Dl 78/2010, la presunzione su cui si basa l'accertamento sintetico è stata modificata: ora viene stabilito che le spese sostenute nell'anno si intendono finanziate con redditi conseguiti nel medesimo periodo. Stessa presunzione viene fissata (comma 5 dell'articolo 38 del Dpr 600/1973) per il nuovo redditometro. Di per sé la previsione sulla nuova presunzione non risulta particolarmente significativa per il suo corretto inquadramento. Il fatto è, però, che la norma successivamente parla di prova contraria da parte del contribuente, il quale dovrà dimostrare che le spese sono state sostenute con redditi conseguiti in altri periodi d'imposta, con redditi esenti, attraverso liberalità o altri accadimenti. Il che porterebbe a inquadrare la presunzione tra quelle legali relative, visto che l'onere probatorio viene posto sul contribuente.

Va rilevato, tuttavia, che la norma prevede poi l'obbligo di convocare il contribuente per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di convocarlo al contraddittorio prima dell'emissione dell'eventuale atto di rettifica. Soprattutto il fatto che la norma richieda la partecipazione del contribuente per fornire ulteriori elementi – oltre alla partecipazione al contraddittorio preventivo – fa ritenere che i dati del nuovo "sintetico" o del redditometro verranno poi adattati alla singola posizione del soggetto.

Questo porta a svilire la portata dell'accertamento sintetico (redditometro compreso) come presunzione legale – per la quale il fatto noto è fissato dalla legge – e sembrerebbe qualificare lo strumento più come presunzione semplice. Cosa nient'affatto secondaria se si pensa al decennale contenzioso che si è avuto per gli studi di settore e alle conseguenze che si hanno nella fase del contenzioso davanti al giudice, in particolare in relazione al fatto su chi incomba l'onere probatorio.

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