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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 07:58.
Avvocati al contrattacco anche sul regolamento. Già la conciliazione obbligatoria rappresenta forse il principale punto di frizione nei rapporti tra i legali e il ministero, ma ora le norme attuative della Giustizia non contribuiscono a rasserenare gli animi. Il presidente del Consiglio nazionale forense,
Guido Alpa, osserva che «se dovesse essere confermata questa versione del testo, così come ci viene anticipata, ci troverebbe assolutamente contrari. Prendiamo atto dei pesanti rilievi del Consiglio di Stato ma aggiungiamo che vi sono altre zone d'ombra che riteniamo molto gravi. Avevamo più volte sottolineato la necessità di una elevata qualificazione dei mediatori, che il decreto trascura non solo optando per una soluzione (laurea triennale) anche più blanda di quella contenuta nel decreto sui conciliatori societari, ma lontana da quella adottata dagli organismi già costituiti in Consob e Banca d'Italia».
Inoltre ricorda Alpa «ci sono previsioni che esulano dalla portata della normativa secondaria (nomina di un mediatore terzo per la formulazione della proposta), altre che disciplinano minutamente la procedura in netta controtendenza all'informalità del procedimento di Adr. Il decreto nulla dice sulla operatività del beneficio fiscale, in più lascia gli enti privati liberi di definire gli importi in danno degli interessi degli utenti».
E per Maurizio De Tilla, presidente dell'Oua, «il Consiglio di Stato ha perfettamente ragione: manca qualsiasi valutazione sull'impatto di norme che potrebbero rendere la conciliazione obbligatoria per centinaia di migliaia di cause. E sull'obbligatorietà e le conseguenze della mancata informativa dell'avvocato al cliente ci stiamo preparando a sollevare la questione di legittimità costituzionale».
G.Ne.