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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2010 alle ore 08:03.
Francesca Milano
I minimi tariffari non sono più inderogabili, come previsto dalla legge Bersani e come recepito dal codice deontologico dei commercialisti. In ogni caso, all'articolo 1 della nuova tariffa che detterà i criteri per le parcelle della categoria si chiarisce che le modalità per determinare i compensi sono finalizzate a garantire la qualità della prestazione, nel rispetto dell'importanza dell'opera e del decoro della professione (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). Il monito deve accompagnare il professionista nel calcolo della parcella.
D'altra parte, dal novembre 2008 sono stati abrogati alcuni commi dell'articolo 25 del codice deontologico che tratta di «compensi professionali». Il dovere della qualità della prestazione anche in caso di deroga alla tariffa è stato ora recepito, nella forma di obiettivo, nel decreto firmato nei giorni scorsi dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Invece, per quanto riguarda la qualità della prestazione, si è rinunciato – fin dal novembre 2008 – all'onere della prova a carico del professionista, chiamato a giustificarsi davanti all'Ordine di compensi «insolitamente e sensibilmente inferiori ai minimi».
Rispetto alla tariffa del 1994 (Dpr 645) il decreto – che entro poche settimane sarà pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» – recepisce le nuove funzioni riconosciute alla «nuova professione», nata dall'unificazione di dottori commercialisti e ragionieri, dal decreto legislativo 39/2005. Inoltre, si allinea alle novità delle riforme del diritto societario, del fallimentare e della revisione dei conti. Naturalmente era già saltata, dopo il decreto legge 223/2006, l'inderogabilità delle tariffe minime.
Gli aumenti – che coprono dal 1992 fino al 2010 (marzo) – sono pari al 50 per cento, una maggiorazione che si applica tout court agli onorari fissi e ai valori minimi e massimi degli scaglioni che servono per calcolare, negli altri casi, i compensi (onorari specifici e graduali). È stata reintrodotta, inoltre, la voce spese generali di studio, pari al 12,5% dell'importo degli onorari, con un massimo di 2.500 euro a parcella. Restano confermate le maggiorazioni per pratiche di «eccezionale importanza», che non possono superare il 100% degli onorari massimi, e quella per le richieste «urgenti», fino al 50 per cento.