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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 08:05.
Il dipendente avviato obbligatoriamente al lavoro e sospeso dal servizio in attesa della decisione della commissione medica sull'attitudine alle mansioni assegnate ha diritto alle retribuzioni maturate anche se i sanitari lo ritengono "abile" solo in attività sedentarie. La decisione, infatti, anche se conferma l'impossibilità di utilizzare la persona in quelle mansioni, si deve considerare favorevole all'interessato, dal momento che ne riconosce un'astratta attitudine al lavoro. Con la conseguenza che il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del collegio medico, è obbligato a reintegrarlo in servizio e a corrispondergli gli stipendi non pagati durante il periodo di sospensione.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione con la sentenza 19349/2010 che ha respinto il ricorso di una società nei confronti di un lavoratore.
L'uomo, invalido avviato al lavoro, era stato sottoposto ad accertamento medico presso l'Asl per verificare la sua utilizzabilità presso l'impresa e, nel frattempo, sospeso dal servizio. La commissione medica, dopo un lungo periodo di attesa, lo ha ritenuto inidoneo all'attività di manovale svolta fino ad allora, ma tuttavia utilizzabile in mansioni sedentarie. Per questo motivo il dipendente si è rivolto al giudice per chiedere il pagamento delle retribuzioni spettanti tra la data della sospensione e l'effettivo reinserimento in servizio.
L'impresa si è opposta alla domanda chiedendo, dal canto suo, la condanna dell'Asl al risarcimento del danno per il ritardo nell'adempimento della visita.
I giudici hanno accolto la domanda del lavoratore sostenendo che la decisione della commissione medica si doveva considerare a lui favorevole perché l'uomo era stato comunque ritenuto idoneo a mansioni sedentarie. L'impresa, inoltre, non aveva fornito alcuna prova circa l'impossibilità di utilizzare il dipendente in altre attività all'interno dell'azienda, con la conseguenza che il ricorrente aveva diritto alla reintegra in servizio e al pagamento delle retribuzioni non corrisposte durante la sospensione. Per quanto riguarda, invece, la domanda di risarcimento proposta dal l'impresa nei confronti dell'Asl il collegio di merito ha sostenuto che non esistevano elementi per affermarne la responsabilità dal momento che il ritardo era dovuto a ragioni organizzative non verificabili.