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Norme e Tributi Approfondimenti

Sì al testimone non identificato

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 08:02.


È utilizzabile il verbale di polizia che riporta dichiarazioni provenienti da una persona non identificata. Ciò che conta – perché sia valida l'annotazione di servizio – è che la mancata identificazione sia dovuta alla situazione «operativa di straordinaria urgenza» e non al rifiuto o alla reticenza del soggetto che ha reso le informazioni raccolte dagli agenti. Lo ha precisato la Cassazione, sezione I penale, con la sentenza n. 32963/10.
A sollevare il caso, la condanna emessa dal giudice per l'udienza preliminare nei confronti di un uomo, giudicato colpevole (con rito abbreviato) di concorso in danneggiamento aggravato, per aver esploso diversi colpi di pistola contro un'auto, e porto illegale di armi. Il racconto di una donna presente ai fatti lo aveva indicato quale coautore della sparatoria, riconoscendolo in uno dei due uomini allontanatisi, subito dopo il crimine, a bordo di uno scooter giallo. L'istruttoria, poi, aveva accertato sia l'effettiva disponibilità del mezzo da parte del reo che la presenza di tracce di sparo sulle sue mani. Di qui la pronuncia di condanna.
Contro la sentenza confermata in appello, l'imputato propone ricorso per Cassazione. A sostegno dell'impugnazione, il fatto che i giudici di merito, nell'affermarne la responsabilità penale, avevano preso a riferimento le dichiarazioni rese alle forze dell'ordine intervenute sul luogo del delitto. Ebbene, sottolinea il ricorrente, quelle informazioni – poi trasfuse in un'annotazione di servizio – non potevano essere utilizzate ai fini decisionali. In effetti, continua la difesa, non poteva avere alcun valore giuridico il verbale di polizia redatto sulla base di racconti provenienti da persona non identificata. Nell'affermarlo, l'avvocato richiama la norma (articolo 195, comma settimo, del codice di procedura penale) che vieta di utilizzare in sede di testimonianza indiretta «la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame». Inoltra, secondo il legale, si sarebbe dovuto concludere in caso di utilizzo di un verbale stilato su dichiarazioni ignote.

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Non concorda la Cassazione, che rigetta il ricorso fissando la colpevolezza dell'uomo. Nelle motivazioni, i giudici di legittimità precisano che, nella vicenda concreta, non risulta affatto violato il contenuto del citato articolo 195. La disposizione, in effetti, vieta la testimonianza del funzionario di polizia «sul contenuto delle dichiarazioni» per le quali la legge prescrive la redazione di un apposito verbale. Ma, come sottolineato dalle Sezioni unite con pronuncia n. 36747 del 24 settembre 2003, il quarto comma della norma renderebbe legittima la testimonianza dell'agente nel caso in cui le dichiarazioni di contenuto narrativo siano state rese da terzi e percepite dal funzionario «al di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione delle medesime», e dunque in una situazione operativa eccezionale o di straordinaria urgenza. La legge, in sostanza, «sanziona i casi in cui sussiste un reale dubbio circa l'esistenza della fonte primaria e non intende limitare i casi in cui la testimonianza indiretta è consentita per impossibilità di esame del teste diretto derivante da irreperibilità o da impossibilità di identificazione non riferibile a rifiuto o reticenza» (principio già affermato in passato dalla terza sezione). Oltretutto, aggiunge il collegio, neppure risulterebbe trasgredito un altro precetto contenuto nel codice di procedura penale – articolo 194, commi 3 e 4 – trattandosi di disposizione che, limitando l'ambito di quanto il testimone può essere chiamato a riferire, precisa che lo stesso «non può deporre sulle voci correnti nel pubblico».
Nel caso specifico gli agenti non hanno verbalizzato quanto appreso da «voci genericamente correnti nel pubblico» ma «notizie ricevute da persona ben determinata», non identificata solo per via della situazione «operativa di straordinaria urgenza». Acquisizione consentita, dunque, proprio in ragione della «non controllabilità della fonte». D'altro canto, i giudici di merito – nell'affermare la responsabilità dell'imputato – avevano tenuto conto anche di altri indizi, tra cui i residui di polvere da sparo rinvenuti all'esito dell'esame stub.
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norme/documenti
Il testo della sentenza
Il principio

- Cassazione, sezione I penale, sentenza 32963/10

Correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che l'annotazione di servizio in cui sono state riportate le dichiarazioni della persona non identificata, doverosamente redatta dagli agenti interveuti ai sensi degli articoli 348 e 357 del Cpp, fosse senz'altro utilizzabile stante l'opzione del rito abbreviato e non potendo operare i divieti di cui all'articolo 134, commi 3 e 4, del Cpp trattandosi non di voci genericamente apprese come correnti nel pubblico ma di persona ben determinata, anche se non potuta identificare, le cui dichiarazioni ritualmente non sono state verbalizzate perché raccolte in situazioni di straordinaria urgenza (...)

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