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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:10.
MILANO
In attesa del processo d'appello per i suoi tre manager condannati in primo grado per la vicenda del minorenne autistico dileggiato da compagni "bulli" su Youtube, Google vara un importante «Protocollo per la segnalazione e la cooperazione» degli abusi su internet.
Beneficiario, nonché altro contraente dell'intesa, è l'associazione Vividown, cui apparteneva la vittima dei fatti – avvenuti a Torino nel 2006 – e che, anche grazie a questi sviluppi, è nel frattempo uscita dal processo. L'accordo stragiudiziale prevede che il motore di ricerca metterà a disposizione una pista privilegiata a Vividown per segnalare e far rimuovere in tempi veloci «contenuti inappropriati». Non solo, le parti indirizzeranno i «comuni sforzi» anche per «educare contro la violenza ed il bullismo perpetrati ai danni delle persone disabili»: non si tratta quindi di «un'attività censoria» sul caricamento dei contenuti da parte dei navigatori ma l'accordo serve invece a promuovere chiare «intenzioni educative».
In pratica, l'associazione in difesa dei ragazzi disabili diventa un trusted user/flagger (utente/segnalatore privilegiato) che attraverso una casella di posta potrà prima segnalare e, nelle 24 ore successive, chiedere la rimozione dei contenuti lesivi di diritti altrui. Youtube non sarà comunque vincolato alla rimozione, ma se decidesse di non sopprimere il contenuto indicato dovrà spiegarne le ragioni a Vividown. Google, peraltro, si fa carico della formazione del personale che Vividown destinerà all'ispezione della rete, e metterà a disposizione un assistente di lingua italiana.
L'aspetto ancora più importante dell'accordo sta però nella sua estensibilità. L'associazione torinese ha la facoltà di contattare altre associazioni italiane in difesa di disabili e, previa comunicazione a Google, consentire loro l'utilizzo della procedura privilegiata.
Il protocollo, in sostanza, per quanto concluso fuori dal processo, raccoglie parte delle indicazioni della sentenza con cui il 24 febbraio scorso il giudice milanese Oscar Magi aveva condannato a sei mesi di carcere – sospesi – i tre manager David Drummond, George De Los Reyes, Peter Andrew Fleischer. Il tribunale aveva ravvisato «un obbligo non di controllo preventivo dei dati immessi nel sistema, ma di corretta e puntuale informazione da parte di chi accetti e apprenda dati provenienti da terzi, ai terzi che questi dati consegnano». Secondo il tribunale, inoltre, il video incriminato era rimasto per settimane sul sito Google Video, ignorando i commenti e le proteste, come conseguenza della scelta di Google di "aggredire" il mercato senza porre limiti agli utenti, con la sola finalità «documentalmente provata» di far crescere gli accessi. Una politica commerciale volta al profitto: tramite la tecnologia Adwors – pubblicità basata sulle parole chiave – la società di Mountain View nel 2007 fatturò nel mondo 16,5 miliardi di dollari, il 4000% in più del 2002. Negli atti depositati c'è un documento interno in cui si legge che «la missione di Google Video è anche monetizzare ogni video presente nell'indice».