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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:12.
Nella compilazione del quadro RE del modello Unico sono di aiuto alcuni chiarimenti pervenuti recentemente dalla circolare 38/E/10 dell'agenzia delle Entrate che, soprattutto in materia di riaddebiti di costi, ha fornito chiare indicazioni. Restano, invece, non chiarite alcune altre questioni di fondo su cui si concentrano i quesiti degli operatori, quali la disciplina dei beni personali "immessi" nella sfera professionale, o la disciplina da seguire in caso di cessazione concreta dell'attività con rapporti pendenti in essere.
I riaddebiti tra professionisti
È piuttosto frequente riscontrare nella prassi l'utilizzo di beni o servizi da parte di più professionisti, con costi addebitati a uno di essi e riaddebito di parte degli stessi costi ad altri soggetti. Esempio tipico è la locazione di locali adibiti all'attività professionale, con contratto intestato a un unico soggetto che riaddebita ad altri la quota di canone di loro competenza. Sul trattamento del riaddebito l'Agenzia ha affermato (circolare 38/E/10, paragrafo 3.4) che esso non costituisce un componente positivo di reddito professionale, bensì una riduzione di costo, poiché la quota riaddebitata rappresenta un costo non inerente l'attività del professionista. Quindi nel quadro RE del professionista che riaddebita non comparirà tale valore nel rigo RE 2, mentre il costo, ad esempio canone di locazione, sarà inserito nel rigo RE 10 al netto della quota riaddebitata. Per il professionista che subisce il riaddebito, invece, il costo assumerà rilevanza quando quest'ultimo lo avrà materialmente corrisposto, quindi anche in un periodo d'imposta diverso da quello in cui il professionista riaddebitante riduce il costo deducibile. L'esempio nella tabella qui sotto chiarisce come si possa presentare una discrasia temporale nella deducibilità del costo tra il professionista riaddebitante e quello riaddebitato.
La cessazione dell'attività
Un professionista potrebbe avere interesse a cessare l'attività pur avendo ancora crediti da incassare. In tal caso secondo due recenti pronunce dell'agenzia delle Entrate ( circolare 11/E/07 e risoluzione 232/E/09) egli dovrebbe mantenere tenere aperta la partita Iva fino all'incasso di tutti i propri crediti, oppure potrebbe chiudere la partita Iva se anticipatamente emette fatture per le prestazioni eseguite ancorché non incassate. Per coloro che sceglieranno questa procedura, la risoluzione 232/09 è chiara sotto l'aspetto dell'Iva ma non affronta il problema di come tassare i compensi percepiti dal professionista dopo che egli abbia chiuso la propria partita Iva. Al riguardo si ritiene che non si possa derogare dal ricondurre tali proventi nel reddito di lavoro autonomo e quindi che essi debbano confluire nel quadro RE nell'anno di incasso. Non si può, tuttavia, disconoscere che se ci limita a incassare prestazione eseguite in anni precedenti, non si sta svolgendo in modo ordinario l'attività, e ciò anche ai fini dell'applicazione degli studi di settore, per cui potrebbe essere corretto segnalare la situazione inserendo il codice 7 nella colonna 2 del rigo RE 1. Il punto dovrebbe essere però confermato dall'agenzia delle Entrate.