Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 08:00.
PIACENZA. Dal nostro inviato
Il pubblico ministero non è un moralizzatore e nemmeno un eroe solitario, non persegue fumosi "poteri forti" nè si lamenta delle loro presunte interferenze. Piuttosto, si limita invece a fare i processi a imputati in carne e ossa, abbandonandoli se – nonostante le sue convinzioni – non trova prove sufficienti per la condanna.
A stilare il decalogo dell'azione penale, con esplicito riferimento a colleghi finiti sopra le righe (Woodcock e De Magistris) è stato il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, che a Piacenza ha presentato ieri, all'interno del Festival del diritto, il suo libro «Ne valeva la pena» (bilancio di una carriera in toga). Un testo scritto «per mitigare a scopo terapeutico, facendola emergere, l'amarezza» derivata dal processo per il rapimento dell'imam egiziano di Milano, Abu Omar, in cui due governi di orientamento opposto (Berlusconi e Prodi) hanno invocato e poi fatto calare il segreto di stato su una «palese violazione dei diritti costituzionali».
Pur con l'appello pendente sulle condanne e sui proscioglimenti di primo grado, Spataro non ha risparmiato al numerosissimo pubblico dettagli sulla ricostruzione storica di quanto avvenne dentro l'aula di giustizia e nelle stanze delle istituzioni. La Corte costituzionale, ha detto Spataro, si era subito disimpegnata dalla valutazione sulla legittimità del segreto di stato, rimettendola al Copasir - comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti –, che però ad oggi non si è ancora espresso.
Secondo il magistrato la legge sul segreto di stato è «perfetta», latita invece la volontà politica di mantenere un profilo costituzionale nella lotta al terrorismo internazionale: «Con il rapimento dell'imam, in ossequio alla dottrina Bush, sono stati commessi reati gravissimi rimasti impuniti, come la tortura, che hanno solo fornito ragioni al proselitismo dei fondamentalisti». Se Abu Omar fosse rimasto in Italia «le indagini della polizia sarebbero state ancora più penetranti e incisive». Per Spataro è indispensabile una modifica alla legge, che preveda l'incompatibilità tra il ruolo di ex ministro e quello di membro del Copasir: «Nella commissione attuale – ha aggiunto il magistrato – siedono tra gli altri due ex ministri del governo Prodi che dispose il segreto di Stato e che oggi sarebbero chiamati in qualità di controllori sul loro stesso operato».