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Norme e Tributi Diritto

La risposta all'interpello è vincolante

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 08:19.

La società che si è adeguata alla risposta ad un interpello presentato dal consulente non può essere sanzionata, perché verrebbe violato il principio di affidamento e buona fede. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 20421 depositata ieri.
Questi i fatti. Una società a seguito dell'acquisto di un importante complesso immobiliare si vedeva sospendere il rimborso Iva richiesto. Secondo l'Ufficio erano state commesse svariate violazioni che richiedevano la prestazione di un'ulteriore garanzia rispetto a quella già presentata per il rimborso.

Venivano quindi irrogate sanzioni non collegate ad alcun tributo. Approfittando della legge sul condono, il commercialista della società formulava istanza di interpello alla direzione regionale per conoscere se e come avesse potuto effettuare il condono tombale (articolo 9 della legge 289/2002), visto che l'atto di irrogazione sanzioni era stato ritualmente impugnato. La direzione regionale confermava la legittimità del condono tombale nell'ipotesi prospettata senza necessità di eseguire altre definizioni (liti potenziali, liti pendenti, eccetera).

Nel corso del contenzioso, che si era instaurato a seguito della sospensione del rimborso Iva, veniva anche disconosciuto il condono. La società, a questo proposito, lamentava la violazione del principio di affidamento e buona fede, essendosi uniformata a una precisa pronuncia della direzione regionale. La commissione regionale tuttavia condivideva le ragioni dell'ufficio che aveva insistito sull'invalidità del condono.

Nel ricorso per cassazione la società eccepiva, tra gli altri motivi, la violazione del principio di affidamento e buona fede essendosi uniformata a una risposta dell'amministrazione, peraltro confermata da circolari emanate a livello centrale. L'ufficio invece, nell'insistere sulla invalidità del condono tombale, faceva anche rilevare che il parere della direzione regionale non era stato reso ad personam in quanto il richiedente non si era qualificato come rappresentante della società contribuente. Tutto questo in violazione del l'articolo 11 dello Statuto del contribuente in base al quale «la risposta dell'Amministrazione vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto del l'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente».

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Tags Correlati: Agenzia Entrate | Corte di Cassazione | Normativa sulle libere professioni

 

La Cassazione, ha accolto il ricorso, non aderendo alla argomentazione formalistica sostenuta dall'agenzia delle Entrate, secondo la quale il quesito posto alla direzione regionale doveva essere presentato direttamente dalla società e non da persona che, seppur delegata a rappresentarla, non aveva fatto menzione di tale delega o procura. Per la Cassazione, invece, il collegamento fra l'attività del commercialista e quello della società era nettamente riscontrabile negli atti di causa che fanno costante riferimento al commercialista (che ha chiesto il parere) quale difensore e rappresentante della società.

Il professionista, inoltre, si era servito di quel parere per sollecitare, a nome della società, l'intervento del garante del contribuente al fine di ottenere il rimborso Iva. In caso contrario, il disconoscimento dello stretto collegamento tra l'attività del commercialista con la società, sia in campo contabile che nella rappresentanza anche in giudizio, comporterebbe, per la Cassazione, il disconoscimento della portata sostanziale di tutela dell'affidamento contenuta nel l'articolo 11. Tale norma nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell'amministrazione finanziaria motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell'interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l'esito dell'interpello. Da segnalare, peraltro, la singolarità del comportamento del l'ufficio nell'insistere nella pretesa che, in sostanza, non ha osservato né la pronuncia resa della direzione regionale, né, circostanza ancor più grave, le circolari della propria amministrazione che davano ragione al contribuente.

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