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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2010 alle ore 08:05.
PALERMO. Dal nostro inviato
Prove tecniche di dialogo. Al congresso delle Camere penali, in corso in una Palermo blindata per l'arrivo del Papa, magistratura e opposizione provano a tracciare le coordinate di un accordo sulle riforme possibili o, almeno, sostenibili. Con un filo conduttore che può essere individuato nell'accantonamento (momentaneo certo) dei comunque non pochi fronti di scontro per concentrarsi sui temi e sui tempi più urgenti. Il tutto mentre la corsa per guidare un soggetto importante tra i protagonisti delle riforme come le Camere penali nei prossimi due anni arriva al rush finale con il faccia a faccia tra Valerio Spigarelli e Domenico Battista (il verdetto finale questa mattina). Se il confronto interno ai penalisti ha avuto anche toni assai aspri con un Battista che ha attaccato tra l'altro il deficit di democrazia interna dell'ultima fase della gestione di Oreste Dominioni presentandosi nel segno della discontinuità e uno Spigarelli che ha invece più volte rivendicato la continuità di un impegno, da parte di magistrati e politici sono arrivati segnali di distensione. Il vicepresidente dell'Anm, Gioacchino Natoli, ha invitato una platea tradizionalmente severa nei confronti della magistratura a promuovere un confronto ampio, mettendo in un angolo i punti di frizione che pure esistono come sul versante della separazione delle carriere, per individuare soluzioni possibili al "problema dei problemi": la durata eccessiva dei processi.
Anche dal rappresentante del Csm, l'unico indipendente eletto nella recente tornata, Paolo Corder, è arrivata l'indicazione di mettere in primo piano l'efficienza del sistema giustizia risolvendo l'emergenza per affrontare solo dopo le riforme costituzionali. Senza dimenticare poi che, per Corder, già la legislazione vigente, con i suoi progressivi aggiustamenti, ha in sé anticorpi sufficienti (misure sulle incompatibilità e sistema disciplinare) per assicurare, per esempio, la presenza di un giudice terzo nel processo.
Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd, ha tracciato un'agenda di temi politicamente meno sensibili sui quali potrebbe sperimentarsi un'intesa con la maggioranza e il Governo: da una nuova configurazione delle circoscrizioni giudiziarie a un piano di risorse credibile anche sul fronte del personale amministrativo. E poi il nodo delle carceri al di là delle demagogie che hanno condotto al proliferare di vari piani carceri. Per Orlando, poi, il correntismo interno alla magistratura è sicuramente un problema e, se le l'obbligatorietà dell'azione penale non deve essere toccata, non per questo non si può discutere delle modalità con cui viene attuata. Infine, Orlando apre su un possibile diverso assetto della sezione disciplinare del Csm, meno esposta a critiche di compiacenze interne, e sull'opportunità di individuare un maggiore coordinamento tra le giurisdizioni visto che oggi su medesime materie insiste la competenza di più magistrature.