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Norme e Tributi Lavoro

Banche e fondi esteri il nuovo business dei lobbisti. Prima regola, mai mentire. Parcella: 500 euro l'ora

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 15:01.

Il settore produce ricavi complessivi stimati in 45,8 milioni di euro. Le aziende spendono in consulenza circa 150 milioni di euro ogni anno. Eppure l'attività di lobby in Italia non è ancora riconosciuta dal legislatore. A differenza di quanto accade negli Stati Uniti e di numerosi altri Paesi (si veda la mappa), l'attività dei circa 1200 lobbisti italiani non è regolamentata da un norma specifica. Una professione che ha un doppio volto: quello dell'esperto ricercatore giuridico e dell'abile frequentatore dei salotti della politica.

I dati sono stati raccolti dall'Università romana Lumsa, che ha attivato un Master in Public & parliamentary affairs e dalla società di lobbying Open Gate Italia. Dal 1979 a oggi le proposte di legge presentate sono state oltre 30. In Italia infatti questa attività è affidata a chi si specializza in questa professione più che agli avvocati d'affari, come invece avviene negli Stati Uniti.

Nel processo normativo agli studi d'affari è richiesta una consulenza più tecnica. «Clienti e associazioni si rivolgono a noi per verificare la proprietà tecnica delle proposte di legge e per confermare che le nuove norme non danneggino il loro business», spiega il socio di uno studio internazionale.

Un fenomeno che si è verificato recentemente con l'approvazione del nuovo Conto energia , ma che avviene sempre più frequentemente quando il processo legislativo riguarda un settore regolamentato, in particolare quello petrolifero e delle telecomunicazioni.
Un ambito di particolare interesse per i lobbisti è collegato al mondo finanziario, che a differenza dei settori quelli industriali segue regole un po' particolari.

Regola numero uno. Mai mentire. Se la fonte dell'informazione è un sito di gossip o un forum la banca o il fondo di investimento lo deve sapere. Regola numero due. Spiegare nel dettaglio ai clienti stranieri come funziona l'iter legislativo italiano e i suoi peculiarissimi tempi. Regola numero tre. Per stuzzicare l'interesse dei politici verso il mondo della finanza è importante che le discussioni avvengano di persona. Che siano negli ufffici dei parlamentari o nei locali che circondano la zona del Parlamento (il più noto è "Salotto 42" in piazza di Pietra) poco importa.

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Tags Correlati: Abi | Gianni Letta | Goldman Sachs | Mario Draghi | Normativa sulle banche | Roma | Romano Prodi | Stati Uniti d'America

 

«Agli americani diciamo che presentare un disegno di legge è il primo inning dei nove che compongono una partita. Agli inglesi spieghiamo che è solo il fischio di inizio», spiega un lobbista specializzato in ambito finanziario. Gli americani e gli inglesi che puntano al mercato italiano devono infatti scavare una nicchia di interesse prima di sviluppare una campagna per il marketing dei prodotti offerti.

«Dopo due anni di assenza i fondi sono tornati a contattarci per capire cosa sta succedendo nel settore politico in relazione alla finanza», aggiunge il professionista, che ha seguito tra gli altri Unicredit, Bper, Bpm e Intesa SanPaolo.

Tra i casi seguiti c'è quello di Barclays, gruppo bancario inglese che in Italia ha implementato una strategia territoriale con l'apertura di filiali in molte città. «Avevamo organizzato un road show sul territorio per preparare l'apertura delle branch e abbiamo avuto numerosi incontri con le istituzioni regionali. Parte del nostro compito era fare diventare questi interlocutori dei clienti».

Chi si occupa di lobby nel settore finanziario lavora principalmente con due tipologie di clienti: le banche e i fondi di investimento. «Le banche straniere hanno bisogno di farsi conoscere sia a livello politico su Roma e su Milano, sia di lobby B2B, entrando quindi in contatto con gli altri istituti e con l'Abi», racconta ancora il lobbista.

Il primo aiuto offerto dalla società di lobby è capire di cosa hanno bisogno. «Offriamo un servizio nuovo e i clienti devono identificare gli obiettivi e pensare innanzitutto al posizionamento. Che tipo di presenza hanno? Quale vantaggio competitivo? Come funziona il sistema paese?».

Tutte domande a cui il lobbista cerca di trovare una risposta. «Prepariamo il campo in attesa che i commerciali propongano i prodotti sul mercato. Evitiamo che ci siano normative che limitano l'attività delle banche, che ci pagano soprattutto per raccogliere informazioni».In altre parole fare la radiografia del business. «Il nostro servizio è inutile per esempio se alcuni "ex" della banca lavorano nelle istituzioni. Basta pensare a Goldman Sachs, dove sono passati Mario Draghi, Gianni Letta e Romano Prodi».

Ma oggi il vero business è con i fondi di investimento. «Ho lavorato recentemente con 4 fondi attivi nel settore delle telecomunicazioni e un altro settore incandescente è qullo dell'Energy. Un fondo di San Francisco era invece interessato allo sviluppo della normativa sugli incentivi per la rottamazione e inviavamo quotidianamente gli sviluppi normativi». Tutti i settori in cui sono in gioco incentivi statali rientrano nella sfera di interesse dei lobbisti finanziari, il cui lavoro si sovrappone per alcuni aspetti a quello dell'ufficiale della finanza. «Spesso per arrivare al vertice non conviene partire dal basso, anche se noi una rete la costruiamo. Può essere più utile, a volte, preparare contatti e occasioni per entrare nelle grazie del potente di turno», prosegue il lobbista.

Il servizio costa tra i 5mila e i 10mila euro al mese a seconda delle ore di lavoro fatturate (la parcella è oraria e in media di 500 euro) e dell'esperienza dei professionisti impiegati. «Una consulenza di durata inferiore a 12 mesi non ha senso. Serve fare il follow up di ogni attività e incontro affinché sia efficace. Banche e fondi devono presentare un progetto concreto di investimento e non solo stringere mani».

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