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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 15:43.
Per chi va in bici, il casco non è diventato obbligatorio, nemmeno per i minori di 14 anni. Ma resta consigliabile perché protegge bene la testa, almeno negli impatti a velocità da cicloturisti (fino a circa 25 chilometri orari). E poi un buon modello non costa più di una trentina di euro.
Per scegliere, occorre poca attenzione all'estetica e accertarsi innanzitutto dell'omologazione, che deve risultare dalla sigla EN 1078 sull'etichetta del cinturino, seguita dalle indicazioni di produttore, modello, dimensioni, peso e usi possibili (per bici, roller, skateboard i requisiti sono identici). Per i bimbi occorre che la misura sia aggiornata con l'età.
I caschi per bici sono costituiti da un elemento esterno rigido in materia plastica e da un'imbottitura interna in schiuma di poliestere. Attenzione: i test dell'associazione di consumatori Altroconsumo hanno provato che se la protezione interna è incollata alla scocca è più affidabile rispetto all'ancoraggio con biadesivo. L'ultima prova, su una ventina di modelli, ha mostrato una buona resistenza, tranne che per quattro su cui, nonostante l'omologazione, i cinturini hanno ceduto. Peraltro, il loro livello di resistenza non è omogeneo seppure superiore al minimo prescritto. Altroconsumo ricorda pure che dopo una caduta o un urto è sempre meglio cambiare il casco, anche se dall'esterno sembra intatto: contrariamente a ciò che si crede, la testa è protetta dal rivestimento interno, che si danneggia facilmente.
Importante è che la taglia sia giusta, altrimenti il casco verrebbe facilmente scalzato prima dell'impatto col suolo. Per questo stesso motivo, occorre indossare il casco in modo corretto, facendolo aderire bene alla testa e serrando il cinturino sul mento in modo tale che non possa mai passarvi sopra. L'aerazione deve essere adeguata, con abbastanza zone vuote sulla calotta (alcuni modelli sono addirittura dotati di retina anti insetti).
Pur contrarie a imporlo per legge e ricordando che serve poco a velocità sostenute, le associazioni degli amici della bicicletta consigliano fortemente il casco. Secondo Eugenio Galli, responsabile legale della Fiab, la posizione non è contraddittoria perché in Italia, «mancando completamente una politica della mobilità ciclistica, non è giusto insistere a scaricare sull'utenza i costi delle carenze strutturali del paese al solo scopo di salvare le apparenze». Le piste ciclabili in Italia non raggiungono i 2mila km e solo una trentina di capoluoghi (come Ferrara, Parma, Pavia e Rimini) vantano una rete superiore a 20 km. Secondo Galli, «i paesi in cui il casco è obbligatorio sono una decina, tutti fuori dell'area centrale europea (con la sola eccezione della Spagna) e in tutti il provvedimento non ha prodotto gli effetti sperati». Gli amanti delle due ruote auspicano piuttosto rimedi di altro tipo come l'educazione stradale nelle scuole. Il loro maggior timore è che l'obbligo scoraggi l'uso delle bici e stronchi sul nascere esperimenti importanti come il bike sharing.