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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 07:44.
RIMINI. Dopo mesi di assedio, di schermaglie, di lunghi silenzi (italiani) rotti da incendiarie lamentazioni (sammarinesi), lunedì 4 ottobre nelle mura del Titano si è aperta una breccia e lo straniero è entrato a San Marino. Non accadeva da secoli. Il drappello di «invasori» è guidato da Piernicola Carollo e Riccardo Sora: che non sono propriamente capitani di ventura, ma i commissari inviati dalla Banca d'Italia alla Cassa di Risparmio di Rimini (Carim) e che perciò hanno in mano le chiavi del Credito industriale sammarinese (Cis), controllata da Carim al 100%. Una crepa dagli effetti incalcolabili per la piccola Repubblica ancora oggi annoverata tra i paradisi fiscali.
Per il sistema bancario sammarinese potrebbe essere un vulnus letale, anche se dal 2008 i picchi di tensione con Roma, Banca d'Italia e Tesoro in primis, non sono certo mancati. Prima gli arresti dei vertici della Cassa di Risparmio di San Marino per il caso Delta accompagnato dal giro di vite da parte di Via Nazionale; quindi l'assalto ai vertici della Banca centrale, che ha irritato ancora di più Draghi e i suoi; poi i lunghi mesi in cui l'Esecutivo non è riuscito a farsi ricevere da Giulio Tremonti; lo scudo fiscale costato al sistema quasi 6 miliardi (sui 13 di raccolta, italiana all'80-90%). Fino all'episodio del 22 settembre, alla bouvette di Montecitorio, con quel tremontiano «vada a prendere in giro qualcun altro» seccamente indirizzato da un irritato ministro del Tesoro a un politico sammarinese che, avvicinatolo, elencava i grandi progressi del Titano verso una trasparenza finanziaria non proprio evidente al resto del mondo. Ma che l'odiatissima Via Nazionale arrivasse a una delle 4 banche storiche del Titano, è proprio difficile da digerire per i già altezzosi sammarinesi.
I primi a masticare amaro, però, stavolta sono stati i vicini riminesi, per i quali la lucrosa contiguità geografica con San Marino sta diventando una vera iattura. È proprio la «loro» Carim a essere finita nei guai, dopo l'ispezione iniziata il 3 febbraio e terminata a giugno.
Un'ispezione che si è fatta severa e senza scampo quando sono stati chiesti dati e informazioni sui rapporti tra capogruppo e controllata. Dopo settimane di tira e molla, la Carim ha alzato le braccia – «il Cis risponde picche, appellandosi alla normativa locale sulla privacy» – mentre gli ispettori si irritavano sempre più. Negare informazioni alla Vigilanza costa caro e l'antica Cassa di Rimini è stata implacabilmente commissariata. Certo, nella sua gestione c'erano anche altre pecche - qualche affidamento a rischio, norme disapplicate, l'Archivio unico informatico non popolato come si deve - ma lo sanno tutti, qui a Rimini, che per questa scoppola devono ringraziare il Cis.