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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 07:43.
ROMA - L'indagine "Income zero" della Guardia di finanza «mette in evidenza una quota di evasione fiscale che non fa onore né al paese né a chi se ne macchia ma che non può gettare ombre sulla fedeltà fiscale dei medici italiani». Parola di Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (FnomCeO), che invita a distinguere con decisione tra i "pochi" scorretti e i "moltissimi" contribuenti onesti.
«La stragrande maggioranza dei camici bianchi – spiega – ha un reddito che è tassato alla fonte: mi riferisco ai 110mila dipendenti del Servizio sanitario nazionale, ai circa 18mila universitari, ai quasi 70mila che operano nell'ambito di un regime convenzionato con il Ssn. Per questi professionisti, tra l'altro, le attività svolte non in regime di dipendenza sono sottoposte a una discreta vigilanza. E un'altra quota importante di lavoratori autonomi ricorre agli studi di settore, rientrando dunque all'interno di un sistema che "predefinisce" un reddito di riferimento, creando anche qualche problema. Insomma: la professione medica nel suo insieme è un grandissimo contribuente del sistema fiscale italiano».
E allora come si giustifica il fatto che ben il 15,3% degli evasori stanati dalle Fiamme Gialle indossi proprio il camice bianco? Bianco ammette che «anche per chi esercita la libera professione in ambito sanitario si pone un problema di rilevazione e di verifica dell'ottemperanza alle norme fiscali». Ma, a suo avviso, «questa pratica poco commendevole discende dalla logica di un sistema imperfetto e rivela un problema di salute fiscale del paese generale, non di categoria».
M.Per.