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Norme e Tributi Fisco

Il denaro donato registrato nell'atto

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2010 alle ore 09:47.

Se il denaro per finanziare un acquisto proviene da un familiare (ad esempio: dai genitori che comprano l'appartamento a un figlio), il rischio che il fisco presuma un reddito in capo all'acquirente può essere evitato in anticipo con un semplice accorgimento tecnico: dichiarando nel contratto da chi proviene il danaro (non è indispensabile anche che il contratto sia firmato da chi ha fornito il denaro). Beninteso, il contribuente ha la possibilità, anche in assenza di questa esternazione della fonte da cui il denaro giunge, di provare che il denaro è stato legittimamente fornito da terzi e che quindi non è accertabile in capo all'acquirente un reddito coincidente con il prezzo pagato.

Dalla dichiarazione circa la fornitura del denaro impiegato per l'acquisto non può derivare alcuna negativa conseguenza, né sotto l'aspetto civilistico, né sotto quello fiscale. Quanto a quest'ultimo profilo, va ricordato che l'articolo 1, comma 4-bis del decreto legislativo 346/1990 (il testo unico dell'imposta di successione e donazione) sancisce infatti che l'imposta di donazione non si applica nei casi di donazioni «collegate ad atti concernenti il trasferimento» della proprietà di immobili «qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto» (una compravendita immobiliare rientra in questo perimetro poiché a essa si applica o l'Iva o il registro). In sostanza, l'esplicitazione della donazione del denaro, che i genitori fanno al figlio (per la compravendita), non comporta in questi casi l'applicazione dell'imposta di donazione.

Quanto ai profili civilistici non ci sono particolari problematiche. Infatti, il bene acquistato dal figlio pagando il prezzo con denaro del genitore non soffre i problemi di successiva rivedibilità che invece si pongono quando si tratta di rimettere in circolazione beni che siano stati oggetto di donazione "diretta". In altri termini, se Tizio dona a Caio un immobile (questa è chiamata donazione "diretta") e Caio lo rivende, l'acquirente di Caio potrebbe essere disincentivato all'acquisto per la possibilità di trovarsi coinvolto in una lite tra gli eredi di Tizio che impugnino la donazione come lesiva dei diritti di legittima (l'immobile potrebbe essere preteso in restituzione).

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Nel caso invece dei genitori che paghino il prezzo dovuto dal figlio (si parla in questo caso di donazione "indiretta"), ciò che esce dal patrimonio del donante è il denaro (e non l'immobile, come nel caso appena visto della donazione dell'immobile da Tizio a Caio), con la conseguenza che, se il figlio rivende il bene comprato con denaro dei genitori, l'acquirente non può subire alcuna conseguenza negativa (come ha ribadito anche la Cassazione nella sentenza n. 11496 /2010: si veda «Il Sole 24 Ore» del 23 agosto ).

Occorre comunque tenere conto che nel caso di più figli la donazione deve essere essere rispettosa dei diritti di legittima, cioè non creare eccessive disparità di trattamento tra gli eredi.

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