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Norme e Tributi Fisco

L'errore non vieta la detrazione

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 06:42.


La detrazione dell'imposta è uno dei tasselli fondamentali su cui si basa l'Iva e realizza la sua neutralità nelle fasi che precedono il consumo di un bene o un servizio. Con essa viene consentito a un operatore, che riveste la qualifica di soggetto passivo d'imposta, di poter recuperare il tributo da lui pagato permettendogli di non rimanere "inciso".
A tale diritto si contrappone il rischio di forme elusive o di evasione che conducono a perdite di bilancio e ledono il principio della giustizia sociale.
Di recente, Corte di Giustizia comunitaria e Cassazione sono intervenute con ripetute sentenze dirette a combattere frodi che, con l'abbattimento delle frontiere, hanno assunto un aspetto preoccupante.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue, il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell'Iva e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. La detrazione compete solo se i beni e i servizi acquistati o importati sono impiegati per realizzare operazioni imponibili (o assimilate) e spetta anche se nel periodo di imposta in cui viene eseguita, non sono state effettuate "a valle" operazioni imponibili. Essa è ammessa anche se, nel momento in cui si opera, non si sa se l'attività inizierà o meno. La Corte ha, però, precisato che il diritto alla detrazione non deve dar luogo a situazioni fraudolente o abusive in quanto gli interessati non possono mai e in nessun caso avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario.
Errori formali
In assenza di frodi, semplici errori formali non possono condizionare il diritto alla detrazione. La Corte di giustizia, con la sentenza 15 luglio 2010, causa C-368/09, ha ritenuto che gli stati membri possono imporre vincoli che essi ritengono necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta ed evitare evasioni. Tale facoltà, comunque, non può essere utilizzata per imporre vincoli di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti, in particolare, dall'articolo 226 della direttiva 2006/112/CE. Pertanto, conclude la Corte, le autorità nazionali non possono negare a un soggetto passivo il diritto di detrarre l'Iva dovuta o pagata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che la fattura iniziale, in suo possesso: 1) al momento della detrazione, riportava una data di conclusione della prestazione di servizi erronea; 2) non esisteva una numerazione continua della fattura rettificata e della nota di accredito che annullava tale fattura iniziale.

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Secondo la Corte è sufficiente che gli errori siano stati corretti e portati a conoscenza dell'autorità interessata prima dell'adozione della decisione. Per "autorità interessata" dovrebbero intendersi sia l'ufficio fiscale che ha emesso il provvedimento di diniego che gli organi giurisdizionali chiamati a decidere una controversia.
Triangolazioni comunitarie
Normalmente, in assenza di limiti alla detrazione, in caso di un acquisto intracomunitario di beni, l'acquirente assolve l'imposta con il meccanismo del reverse charge e, immediatamente, ha diritto alla detrazione dell'imposta. In una triangolazione comunitaria, però, se il promotore della triangolazione non prova che l'operazione è stata assoggettata a imposta nello stato membro di arrivo dei beni, esso deve versare l'Iva nel suo paese ma perde il diritto alla detrazione. Tale rigida interpretazione, volta a scongiurare abusi e frodi, arriva dalla Corte di Giustizia Ue con la sentenza del 22 aprile 2010 resa nei procedimenti riuniti C 536/08 e C 539/08, che ha risolto una questione pregiudiziale sollevata in due distinte controversie pendenti tra due società olandesi e l'amministrazione fiscale del loro paese.
In caso di acquisto intracomunitario di beni, infatti, l'imposta è "dovuta" nello stato membro dove è identificato l'acquirente, a meno che non venga provato che la stessa operazione è stata assoggettata a imposta nello stato di arrivo dei beni. Se tale prova non viene fornita, il "secondo cedente" (promotore della triangolazione) deve corrispondere l'imposta nel suo paese e non ha diritto alla corrispondente detrazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli approfondimenti
IN LIBRERIA
Guida Iva
di R. Rizzardi
La guida per il professionista alle maggiori problematiche in tema di Iva e ai relativi adempimenti
Pagine 464;
50 euro

IN LIBRERIA
Iva nei rapporti con l'estero
di S. Cerato,
G. Popolizio
La guida spiega come affrontare gli adempimenti relativi alle operazioni di import-export con soggetti Ue ed extra-Ue
Pagine 352;
35 euro

Le sentenze


Detrazione negata per fattura erronea
(Corte di giustizia CEE, causa C-368/09,
15 luglio 2010)
Non è compatibile con le regole comunitarie una normativa nazionale in forza della quale le autorità nazionali negano a un soggetto passivo il diritto di detrazione dell'imposta dovuta o pagata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che la fattura iniziale comportava una data di conclusione della prestazione di servizi erronea e che non esisteva una numerazione continua della fattura rettificata successivamente e della nota di accredito che annullava la fattura iniziale
Detrazione ridotta per violazione dell'obbligo di utilizzare un registratore di cassa
(Corte di giustizia CEE, causa C-188/09,
29 luglio 2010)
Uno stato Ue (nella fattispecie la Polonia) può limitare temporaneamente l'importo del diritto alla detrazione dell'imposta assolta a monte per i soggetti passivi che non hanno osservato una formalità di registrazione nella contabilità delle vendite, purché la sanzione rispetti il principio di proporzionalità. La legge polacca, che prevede l'indetraibilità del 30% dell'Iva sugli acquisti se non si rispetta l'obbligo di utilizzare un registratore di cassa per rilevare le vendite non coperte da fattura, non costituisce una "misura particolare di deroga" diretta a evitare frodi o evasioni fiscali, ma ha una semplice natura di sanzione amministrativa
Detrazione negata per formalità omesse in caso di reverse-charge
(Corte di giustizia CEE, causa C-392/09,
30 settembre 2010)
Non è compatibile col diritto comunitario una normativa nazionale che, nell'ambito di un regime di inversione contabile, subordini la detrazione dell'Iva per prestazione di servizi di costruzione alla rettifica delle fatture relative a tali operazioni e al deposito di una dichiarazione complementare di rettifica, qualora l'autorità fiscale interessata disponga di tutte le informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo è debitore dell'imposta sul valore aggiunto in quanto destinatario delle operazioni in questione e per verificare l'importo dell'imposta detraibile
Detrazione IVA per servizi resi da prestatori residenti in Paesi black-list
(Corte di giustizia CEE, causa C-395/09,
30 novembre 2010)
Non può essere mantenuta una legislazione nazionale, applicabile al momento dell'entrata in vigore della sesta direttiva 77/388 nello stato membro interessato, che escluda in maniera generale il diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto versata a monte in occasione dell'acquisto di servizi importati, il cui prezzo è pagato direttamente o indirettamente a una persona stabilita in uno stato definito come "paradiso fiscale"
Detrazione IVA nella triangolazione comunitaria - posizione del promotore
(Corte CEE, cause riunite C-536/08 e C-539/08,
22 aprile 2010)
Il soggetto passivo che promuove una triangolazione comunitaria non ha il diritto di detrarre immediatamente l'imposta sul valore aggiunto che ha gravato a monte su un acquisto intracomunitario se non è in grado di comprovare che l'Iva sull'acquisto è stata assolta nel paese di destinazione. In caso contrario, infatti, non sarebbe più incentivato a comprovare la tassazione dell'acquisto intracomunitario nello stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto

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