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Norme e Tributi Fisco

Nessun limite alle detrazioni fiscali anche se il fornitore è residente in un paese inserito in una black list

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 10:40.

Nessun limite alla detrazione, in linea di principio, può essere imposto a un soggetto passivo che acquista beni e servizi per effettuare operazioni imponibili, anche se i beni o servizi sono stati acquistati da un fornitore residente in un paese inserito in una black list. Però, se la limitazione della detrazione ha una natura essenzialmente sanzionatoria ed essa non eccede il principio di proporzionalità, è compatibile con il diritto comunitario.

Con due recenti sentenze la Corte di Giustizia Ue ha verificato la compatibilità della legge polacca con la direttiva 2006/112/CE e, in un caso, ha bocciato l'esclusione generalizzata della detrazione per i servizi ricevuti da imprese stabilite in paesi a fiscalità privilegiata, mentre nell'altro ha ritenuto legittima la limitazione della detrazione in misura pari al 30% per i soggetti che non documentano le proprie vendite con scontrini fiscali.
Sul fronte della detrazione dell'Iva relativa a servizi ricevuti da imprese in black list la normativa comunitaria è incompatibile con la legislazione nazionale che non concede il diritto alla detrazione dell'imposta relativa a servizi ricevuti da soggetti in paesi a fiscalità privilegiata. Con la sentenza 30 settembre 2010, resa nella causa C-395/09 la Corte di Giustizia Ue ha bocciato la normativa polacca che escludeva in maniera generale il diritto alla detrazione dell'Iva assolta a monte in occasione dell'acquisto di servizi resi da soggetti residenti in "paradisi fiscali". Secondo la Corte, infatti, anche se la disciplina nazionale era preesistente all'ingresso nella Polonia nell'Unione Europea, la stessa non rientra nelle deroghe previste dall'articolo 17, n. 6 della VI direttiva Iva, ripreso sostanzialmente dall'articolo 176 della direttiva 2006/112/CE che consente agli stati membri di mantenere le esclusioni alla detrazione presenti nella legislazione nazionale antecedentemente all'adesione all'Unione Europea.

I giudici europei hanno ritenuto che la legislazione polacca comporti una limitazione del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto che va oltre quella autorizzata dalle norme comunitarie. Infatti, gli stati membri non sono autorizzati a mantenere esclusioni del diritto alla detrazione, applicabili in maniera generale a qualunque spesa connessa all'acquisto di beni o servizi.

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Tags Correlati: Corte di Giustizia | Fisco | Stati Membri | Unione Europea

 

Con la sentenza 29 luglio 2010, resa nella causa C-189-09, la Corte di Giustizia ha giudicato compatibile con il diritto comunitario la legislazione polacca che prevede una indeducibilità del 30% dell'Iva assolta sugli acquisti per le imprese che vendono a privati e non certificano le operazioni con appositi registratori di cassa. Tale disposizione, ad avviso della Corte, deve essere considerata alla stregua di una sanzione amministrativa il cui effetto dissuasivo è diretto a garantire l'effettività del suddetto obbligo. La normativa comunitaria non è armonizzata nel settore delle sanzioni e, pertanto, gli stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi, tuttavia sono tenuti a esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità.

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