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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 10:57.
ROMA - La Svizzera resta saldamente in testa nelle segnalazioni antievasione. «Più del 50% dei casi sui quali sta lavorando la task-force» costituita dall'agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza, per combattere l'evasione fiscale internazionale, riguarda proprio lo stato elvetico. Lo ha precisato Luigi Magistro, direttore centrale accertamento dell'agenzia delle Entrate, a margine del convegno di studi «Lotta ai paradisi fiscali» tenutosi ieri a Roma nell'ambito del festival della diplomazia. Per Magistro anche dal punto di vista normativo il sistema è adeguato: tra le norme che più stanno aiutando, ha spiegato, c'è l'inversione dell'onere della prova, per cui è il contribuente che detiene capitali nei cosiddetti paradisi fiscali a dover provare che non sono frutto dell'evasione fiscale.
Sbagliato però credere che il fenomeno paradisi fiscali sia statico. La nuova frontiera dei capitali in cerca di tassazioni "di vantaggio" è quella dei paesi in via di sviluppo. Se ancora non è una realtà è comunque «un forte rischio» perchè alcuni paesi in difficoltà «possono essere target di paradisi fiscali». È quanto sottolineato da Paolo Ciocca, presidente del Comitato affari fiscali dell'Ocse, che è intervenuto al convegno di studi. «È come il principio dei vasi comunicanti: se chiudi un canale l'acqua va da un'altra parte. Ci sono Paesi «che non sono sviluppati ma che al momento non sono neanche paradisi. Sono loro a correre questo rischio». Per Ciocca, quindi, occorre applicare a questi nuovi paesi gli standard e le regole internazionali. Prima di effettuare questa operazione, tuttavia, è necessario organizzare queste realtà, in primo luogo «sotto l'aspetto amministrativo».
Per quanto riguarda poi il lavoro di identificazione dei paradisi fiscali, l'attività di verifica prenderà in considerazione le legislazioni dei singoli stati. Attualmente, infatti, non esiste più all'Ocse una vera e propria black list. Con il principio dei dodici accordi, un paese viene considerato incline a collaborare dal punto di vista fiscale solo se ha sottoscritto queste dodici intese per uscire dalla lista nera. Alcuni però «si sono apparentati tra loro», sottolinea Ciocca. Il lavoro di accertamento adesso è quello di una verifica tra pari ovvero di una valutazione della legislazione per ogni singolo paese cosicchè «ciascuno potrà assumere le sue contromisure».