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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2010 alle ore 23:47.
NAPOLI - La capacità di leggere tra le pieghe dei bilanci, di essere consulenti dell'impresa - a tratti psicologi dell'imprenditore in crisi - rialimenta un amore per la professione che il rapporto con l'Agenzia contribuisce a fiaccare. Vogliono contare, i commercialisti. Ma c'è ancora da lavorare per riequilibrare il braccio di ferro con il Fisco, rispetto al quale ci si piega a diventare funzionari in outsourcing, se non semplici passacarte. E su questo fronte di muovono anche le proposte di legge che la categoria presenta al congresso di Napoli che si è aperto ieri.
«Il maggior dispiacere è spesso quello di non riuscire a essere professionale come vorrei – spiega Gregorio Nanci, 49 anni, catanzarese, da 25 a capo del proprio studio individuale –. L'informatica ha dato una parvenza di fluidità ai rapporti con l'Agenzia, anche se ogni problema riceve risposte, spesso solo formali. Al cliente non so che rispondere. A volte è meglio guardarsi in faccia». Lo statuto del contribuente a rango costituzionale? «Ben venga – risponde Nanci – servono regole certe. E sostegno alle Pmi e alle imprese. Perché io, l'apertura di un'impresa in un giorno proprio non l'ho mai vista».
«Poca comunicazione e, soprattutto, tanta incertezza interpretativa»: secondo Giovanni Aucella, 31 anni, da Napoli, sono questi i mali del rapporto tra commercialisti e amministrazione. «Spesso le novità richiedono chiarimenti che non arrivano con la necessaria rapidità o si scontrano con le risposte ambigue dei funzionari». Certo, prosegue Aucella, «banche dati, siti specializzati, pec e newsletter sono diventate fonti di primaria importanza per l'aggiornamento in tempo reale. Ma spesso proprio la mail inviata al funzionario delle Entrate restituisce una risposta rigida e formalizzata, che non aiuta la comprensione». Come sottolinea Marco Bowinkel, napoletano 33enne, non c'è solo il Fisco: «Da circa un paio d'anni stiamo lavorando con l'Ordine di Napoli a un osservatorio online sulle società quotate in cui, senza dare rating né pricing, valutiamo per alcune aziende sul listino la solidità patrimoniale e gli aspetti di governance».