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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 09:56.
L'immigrato irregolare può restare sul territorio se la sua espulsione crea un danno allo sviluppo psico-fisico del figlio minore. Le sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 21799 depositata ieri, aumentano la tutela in favore dei figli degli stranieri, superando la prevalente interpretazione restrittiva (degli stessi ermellini) che limitava il beneficio alle «situazioni di emergenza o alle circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute».
I giudici sottolineano l'importanza di ricomprendere tra i gravi motivi per bloccare l'espulsione anche il danno affettivo «concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva, o è altamente probabile deriverà al minore, dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto».
Secondo i giudici una lettura estensiva della garanzia, che superi il paletto della mera patologia del minore, è necessaria per essere in linea con l'ampia protezione riconosciuta dalla Costituzione. Assistenza che prescinde dalla condizione di cittadini e di stranieri dei genitori ma nasce dal presupposto dell'importanza del ruolo svolto da madre e padre nell'educazione dei figli.
Questo sistema di valori, considerati «fondamentali della dignità umana», è diventato - sottolineano i giudici - parte integrante della giurisprudenza comunitaria e internazionale. Il ricongiungimento familiare è, infatti, interpretato sia dalla Corte di giustizia europea sia dalla Corte dei diritti dell'uomo alla luce del rispetto dei diritti fondamentali, fino all'ultima trasposizione del Trattato di Lisbona che afferma il diritto di intrattenere regolarmente relazioni e contatti diretti con i genitori, salvo che ciò sia contrario al loro interesse.
Le sezioni unite non mancano però di sottolineare la necessità di bilanciare l'interesse del fanciullo con la normativa sull'immigrazione e con le esigenze di ordine pubblico che devono costituire, secondo la Corte costituzionale e le stesse fonti internazionali e comunitarie, il «necessario temine di confronto critico».