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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 07:41.
Più che un'occasione ghiotta per i comuni di battere cassa, per Pasquale Mirto, 44 anni, consulente tributi per l'Anci Emilia-Romagna e dirigente del settore entrate dell'Unione dei comuni modenesi dell'Area nord, l'introduzione dell'Ici sugli immobili della chiesa rischia di rivelarsi un boomerang che potrebbe colpire tutto il terzo settore.
Quale sarà l'impatto di questa normativa?
«Relativamente al patrimonio della chiesa è difficile dirlo perché le pubbliche amministrazioni non sanno, allo stato attuale, quanti e quali immobili ecclesiastici potrebbero subire un cambiamento del regime fiscale. Tuttavia va considerato che tra gli edifici individuati dalla bozza di decreto vi sono anche quelli appartenenti ad altri enti che operano nell'assistenza»
Quali?
«Tutti quegli edifici in cui si svolgono esclusivamente attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive. O ancora alle case di riposo o di cura. Non bisogna dimenticare che dietro a questa categoria si cela tutto il mondo del terzo settore. In tal caso l'impatto di un provvedimento del genere potrebbe essere pesantissimo sul territorio perché potrebbe andare a colpire anche enti non commerciali che vedrebbero lievitare i loro costi vivi da un giorno all'altro».
Tutto ciò potrebbe tradursi in una riduzione di servizi di assistenza sul territorio?
«È un aspetto che non va sottovalutato. Se dovesse passare questo provvedimento l'impatto sarà consistente e sarà molto più marcato in quei comuni che hanno esercitato la potestà, scegliendo di esentare le onlus. In Emilia-Romagna sono circa il 70 per cento. Saranno più colpiti quelli con una più alta densità abitativa perché in tali realtà questi enti sono maggiormente radicati».
Come potrebbero cambiare le politiche di welfare?
«Certamente bisognerà individuare altre strade per il sostegno di queste organizzazioni. Una potrebbe essere quella di incrementare i contributi diretti. Oppure di manovrare sulla leva fiscale riducendo il più possibile l'imposta ici per determinate categorie. Ma, da questo punto di vista, il decreto, di fatto riduce il nostro margine di autonomia stabilendo un range piuttosto ristretto di manovra ed imponendoci variazioni che non superino di 0,3 punti percentuali, sia in eccesso che difetto, l'aliquota».