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Norme e Tributi Fisco

Per l'Iva sul metano rimborsi differenziati

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 20:12.

Si applica l'Iva agevolata al 10% sul gas metano a uso riscaldamento fino al tetto massimo di 480 metri cubi annui (da misurare sui consumi energetici di ogni appartamento, non dell'intero edificio) mentre sopra questo limite, i consumi sono tassati con l'aliquota ordinaria del 20 per cento. Lo ha chiarito l'agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 108/E/2010 di venerdì scorso (si veda Il Sole 24 Ore del 16 ottobre) che insiste sull'ambito applicativo del n. 127-bis della tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972.

La questione affrontata dalle Entrate si pone a seguito della modifica apportata al numero 127-bis dal decreto legislativo 26/2007 che, nella formulazione in vigore dal 1° gennaio 2008, prevede l'applicazione dell'aliquota Iva del 10% alla «somministrazione di gas metano usato per combustione per usi civili limitatamente a 480 metri cubi annui».

La risoluzione 108/E si sofferma sulla determinazione del limite di 480 metri cubi annui per fruire dell'aliquota Iva ridotta da parte di condomìni e cooperative di abitanti di edifici abitativi che utilizzano impianti di tipo centralizzato e collettivo, precisando che tale limite va riferito alle singole utenze di ciascuna delle unità immobiliari che costituiscono il condominio o la cooperativa. In sostanza la soglia massima si moltiplica per il numero degli appartamenti il cui sistema di riscaldamento è allacciato all'impianto centralizzato.

Il chiarimento suscita perplessità sulla gestione delle situazioni pregresse. La risoluzione precisa che i consumatori possono chiedere al gestore del servizio il rimborso dell'Iva addebitata in eccesso in bolletta nel termine di prescrizione di 10 anni. Il rimborso del consumatore in effetti attiene al rapporto di natura civilistica intercorrente con i gestori. Per questi ultimi, che invece si interfacciano con il fisco, l'Agenzia ha puntualizzato che l'"eccezionalità" della situazione esclude l'utilizzo dei meccanismi di variazione delle fatture in base all'articolo 26 del Dpr 633/1972 per ottenere il rimborso della stessa Iva eccedente il 10% e che pertanto la strada obbligata è quella di presentare un'istanza di rimborso (articolo 21, decretio legislativo 546/1992) nel termine di due anni decorrenti dalla data del versamento Iva. Questo, peraltro, per evitare indebiti arricchimenti, dimostrando di aver previamente restituito l'Iva all'utente.

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Tags Correlati: Agenzia Entrate | Corte di Cassazione | Corte di Giustizia | Fisco |

 

L'impossibilità di ricorrere alla procedura dell'articolo 26 del Dpr 633/1972, diversamente da quanto era stato previsto per un caso analogo di rimborso dell'energia elettrica con la risoluzione n. 212/2008, e il vincolo della presentazione delle istanze nel limite di due anni, espone i gestori al rischio di non riuscire a recuperare la maggiore imposta versata (quanto meno per il 2008) e pone al centro dell'attenzione la compatibilità del termine di due anni con il diritto comunitario. L'Iva è un tributo comunitario e la Cassazione, con ordinanza 18721 del 17 agosto 2010 ha rimesso alla Corte di giustizia il vaglio di compatibilità con la normativa europea, alla luce dei principi di effettività, non discriminazione e neutralità del diverso termine per il recupero dell'imposta con l'azione civile (dieci anni, il tempo che nel nostro caso hanno i consumatori) rispetto a quello previsto per il recupero dell'imposta nei confronti dell'erario (due anni, il termine concesso ai gestori).

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