Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 10:50.
Quando si parla di personale della sanità, le regioni devono rispettare scrupolosamente tutto l'impianto dei limiti statali alla spesa, e non hanno spazio per introdurre regole locali che si discostano dai vincoli di finanza pubblica.
La Corte costituzionale (sentenza 333/2010, presidente De Siervo, relatore Cassese) ha cancellato ieri su queste basi la parte della legge regionale 27/2009 (articolo 1, commi 1-4) con cui la Puglia aveva provato a disciplinare le nuove assunzioni in sanità mettendo a disposizione i risparmi realizzati con le cessazioni del personale negli ultimi due anni.
La questione è più complessa di un semplice sforamento dei tetti di finanza pubblica, che la legge pugliese peraltro richiamava. La regola generale, fissata dalle finanziarie 2007 e 2010, impone alle regioni di non superare la spesa per il personale sanitario registrata nel 2004, diminuita dell'1,4% per ognuno degli anni che vanno dal 2007 al 2012. La Puglia, nella propria legge regionale, sosteneva di agire «nel rispetto dei limiti di spesa per il personale» previsti dalle manovre, ma introduceva negli articoli successivi un regime diverso. Le somme liberate dalle uscite del personale intervenute negli ultimi due anni sarebbero state divise in due quote: la prima (60%) sarebbe stata destinata a coprire il fabbisogno individuato direttamente da ogni azienda ed ente pubblico della sanità pugliese, l'altro 40% sarebbe invece andato alla giunta regionale per poi essere redistribuito sul territorio a finanziare «specifici fabbisogni correlati a nuove attività o nuovi servizi».
Il meccanismo è illegittimo, spiegano i giudici delle leggi, perché contrasta con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e quindi viola l'articolo 117 della Costituzione. L'architettura disegnata dalla regione, infatti, sembra destinare al personale il 100% dei risparmi ottenuti con le uscite dal servizio, e quindi evitare la riduzione progressiva delle spese imposta dalle manovre. Il richiamo al «rispetto» dei limiti nazionali, non basta a cancellare il problema, perché i vincoli di finanza pubblica vanno assunti in toto. «La legge statale – spiega la sentenza – individua un fine (il taglio dell'1,4% della spesa su base 2004), un mezzo per raggiungerlo, rappresentato dalla consistenza organica del personale e dal suo programma di revisione, e un meccanismo di controllo». La verifica tocca ai tavoli tecnici previsti dall'intesa del 2005, e nemmeno questo passaggio può essere dribblato.