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Norme e Tributi Lavoro

Sulla parità fra uomo e donna la parola ai giudici nazionali

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2010 alle ore 06:41.


Un grimaldello per ottenere il pensionamento per ragioni anagrafiche prima dell'età fissata dalla legislazione interna. La sentenza della Corte Ue sul caso Kleist (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) potrebbe incidere sulle norme nazionali che fissano l'età pensionabile questa volta non a vantaggio o svantaggio delle donne, ma degli uomini. Non una novità per Bruxelles come dimostra l'approvazione da parte del parlamento Ue delle regole per il congedo di paternità. Per quanto riguarda le lavoratrici, già il decreto legislativo n. 5 del 25 gennaio 2010, che ha recepito la direttiva 2006/54, ha riconosciuto il diritto delle donne a rimanere in servizio fino all'età prevista per gli uomini, anche senza una comunicazione al datore di lavoro. È stato rafforzato, poi, il diritto all'azione giurisdizionale, con sanzioni più efficaci nel caso di disparità di trattamento. L'Italia, inoltre, dopo la sentenza del 2008 ha adottato la legge n. 122/2010 che stabilisce che le donne nel pubblico impiego devono andare in pensione a 65 anni. E se una lavoratrice del settore privato chiedesse di rimanere in servizio fino a 65 anni, in base alla sentenza Kleist, non incontrerebbe alcun ostacolo al riconoscimento della richiesta. Tutte da esplorare, invece, le possibili conseguenze della decisione sugli uomini. In effetti, riconosciuto che la determinazione dell'età pensionabile variabile a seconda del sesso costituisce una violazione di un principio fondamentale della Ue, sono anche i lavoratori a poter invocare la lesione del principio. In pratica, potrebbe accadere che un uomo chieda di andare in pensione alla stessa età prevista per le donne, quindi prima dei 65 anni. Prima di tutto, però, si tratta di verificare se uomini e donne si trovano in situazioni analoghe. Da sciogliere, quindi, in via preliminare, un nodo: il diritto a permanere in servizio invocato dalla donna, oggetto della sentenza Kleist, è analogo al diritto ad andare in pensione prima eventualmente invocato dall'uomo? Se la risposta fosse positiva gli uomini potrebbero avvalersi del diritto comunitario per rivendicare il diritto alla pensione anticipata per motivi anagrafici. Se gli enti previdenziali rigettassero l'istanza, per mancanza dei requisiti anagrafici o per l'assenza della cessazione del rapporto di lavoro, il provvedimento dovrebbe essere impugnato, entro 90 giorni, dinanzi al Comitato provinciale dell'Inps e dopo la decisione del Comitato, che è una condizione di ammissibilità, si aprirebbe la strada al ricorso (entro 90 giorni) dinanzi al giudice del lavoro competente per le questioni previdenziali. In questo caso, il giudice nazionale potrebbe, in forza della prevalenza del diritto Ue, disapplicare il diritto interno o sottoporre alla Corte di giustizia un quesito pregiudiziale d'interpretazione.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Cesare Damiano | Corte di Giustizia | Europa | Inps | Normativa sulle pensioni | Pd | PDL | Unione Europea

 

Solo scenari, per il momento, ma la sentenza sta già scatenando il dibattito. Per il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), il richiamo della Corte è «da prendere in considerazione». «Dobbiamo porci un problema serio – sottolinea Cazzola –: perché continuiamo a ritenere che un'età di pensionamento più ridotta per le donne sia un diritto da difendere mentre in Europa pensano che questo sia invece una discriminazione da cancellare?».
Critica, invece, l'automatismo dell'equiparazione l'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, secondo cui «esistono soluzioni più flessibili. In una logica di innalzamento progressivo dell'età pensionabile, su cui non si discute, non è corretta la strada della rigidità». Per Damiano una soluzione potrebbe essere quella di permettere a uomini e donne di scegliere il momento dell'uscita del mondo del lavoro in un periodo che va dai 62 ai 70 anni di età, «introducendo incentivi al pensionamento dai 65 anni». «Le logiche rigide – sottolinea l'ex ministro – mal si combinano con il sistema contributivo verso cui ci stiamo avviando».
In tema di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età anagrafica dalla prossima settimana inizierà in commissione Lavoro alla Camera l'iter sulla proposta di legge presentata proprio da Cazzola.
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