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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 17:04.
I magistrati non sono contro la riforma della giustizia, anzi la chiedono con forza. Ma a condizione che sia «nell'interesse dei cittadini». Tutto l'opposto, insomma, degli interventi annunciati e adottati negli ultimi anni, che sono stati «episodici e occasionali» e «dettati dall'esigenza di risolvere situazioni legate a singole vicende processuali». Sono alcuni dei passaggi della mozione con cui l'Associazione nazionale magistrati (Anm) ha chiuso il suo XXX Congresso nazionale. Il testo è stato approvato all'unanimità e per acclamazione: un dato significativo, perché la giunta che oggi guida l'Anm non rappresenta tutte le correnti della magistratura.
Più efficienza nei tribunali. Quello che arriva dalla magistratura è un vero e proprio appello al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, perché intervenga al più presto con i provvedimenti necessara a rimettere in caorreggiata la macchina della giustizia, a partire dal taglio dei tribunali inutili. I magistrati pongono al centro del dibattito anche i temi «dell'autoriforma, della questione morale e dell'organizzazione». Parole come valutazione della professionalità e organizzazione degli uffici non sono più tabù. E si dice apertamente che le correnti e le logiche corporative vanno limitate. Al tempo stesso, però, ribadiscono i magistrati, i processi interminabili «non si risolvono con un'ennesima riforma dei giudici limitandone l'autonomia e l'indipendenza, minate ripetute volte dalle annunciate riforme costituzionali in materia di separazione delle carriere, di obbligatorietà dell'azione penale e di Csm, nonché in occasione dei non meno insidiosi progetti di legge ordinaria in materia di intercettazioni, processo breve e polizia giudiziaria svincolata dal pm».
Protestano i giudici di pace. Intanto i giudici di pace sono pronti a incrociare le braccia. L'Unione nazionale ha convocato il direttivo nazionale per l'immediata proclamazione dello sciopero. Motivo della protesta, la volontà del ministro – anticipata dal sottosegretario Caliendo – di presentare al prossimo consiglio dei ministri un disegno di legge identico a quello già presentato l'anno scorso e poi ritirato proprio dopo le proteste dei giudici di pace. Il disegno di legge, accusano i magistrati, «non prevede la continuità del servizio del giudice di pace, né forma alcuna di tutela previdenziale, mortifica la professionalità e limita gravemente le garanzie di imparzialità e indipendenza del giudice di pace, escluso da tutti gli organi di autogoverno della magistratura e dalla stessa direzione degli uffici».