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Norme e Tributi Diritto

La maîtresse non può detrarre dalle tasse la paga delle prostitute che lavorano per lei

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 17:46.

La maîtresse non può chiedere di detrarre dalle tasse la percentuale data alle prostitute che lavorano per lei. La Corte di cassazione (si legga il testo della sentenza su Guida al diritto) non accoglie la richiesta della ricorrente di sottrarre, da quanto dovuto al fisco, il costo rappresentato dalla percentuale, del 25%, data alle sue "dipendenti".

La signora riteneva di essere stata trattata ingiustamente dal tribunale territoriale che l'aveva condannata per l'omessa presentazione della dichiarazione relativa al 2003, per somme che ammontavano a circa 197mila euro: una cifra dalla quale - secondo la ricorrente - andava sottratto il guadagno delle prostitute. I clienti pagavano, infatti, alle lucciole la prestazione e queste la versavano alla titolare della "maison" o al marito, trattenendosi la loro quota.

Con la richiesta di tenere conto dei costi che comportava la sua "impresa", la maîtresse cercava di dimostrare un guadagno inferiore in modo da rientrare nella soglia di non punibilità. Ma questo non è stato il solo obiettivo della difesa. Un'altra eccezione della ricorrente riguarda il suo dovere di presentare la dichiarazione dei redditi: azione attraverso la quale si sarebbe autodenunciata per il reato di sfruttamento della prostituzione. Un atto di autoaccusa non previsto dalla legge, in base al principio del "nemo tenetur se detegere".

L'ultima obiezione viene spesa, per dimostrare l'impossibilità – sempre ad avviso della ricorrente – di tassare i proventi di attività illecite non confiscate o non sequestrate. Cavilli, non supportati da alcuna norma, che non risparmiano alla signora la condanna un anno di reclusione. La Suprema corte ribadisce, infatti, il principio della tassazione dei proventi illeciti, con tutti gli obblighi di natura fiscale che questo comporta, comprese le sanzioni penali in caso di omissione. Qualunque diversa conclusione – conclude il collegio – costituirebbe una disparità di trattamento con i guadagni che derivano da altre attività illecite. I costi della "mano d'opera" in questo genere d'attività non sono dunque detraibili.

Tags Correlati: Corte di Cassazione | Norme sulla giustizia |

 

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