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Norme e Tributi Lavoro

Sceglie meglio chi punta a ridurre i costi

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 08:57.

Come scegliere il cavallo giusto per arrivare alla pensione con una rendita di scorta dignitosa? Il primo suggerimento è controllare con attenzione i costi degli strumenti disponibili.

In questo campo, a differenza di altri settori merceologici, l'elevato prezzo del servizio non è sempre sinonimo di qualità. Anzi, come ha denunciato lo stesso governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, «gli oneri di gestione gravanti sugli iscritti possono incidere in misura rilevante sulle risorse disponibili al momento del pensionamento». Il presidente della Covip, Antonio Finocchiaro, quantifica le cifre in gioco: «Su orizzonti temporali lunghi, differenze di un punto percentuale producono significativi effetti negativi sulla prestazione finale: anche dell'ordine del 20%». Un altro commentatore super partes è il ministro Maurizio Sacconi, che spiega: «Il mantenimento a lungo di una condizione di costi elevati riduce sensibilmente i rendimenti maturati e quindi l'importo delle prestazioni al momento del pensionamento». Lo stesso ministro non ha escluso la possibilità di prevedere in futuro un tetto ai costi, seguendo l'esempio del Regno Unito.

Vale la pena, ora più che mai, di fare da cassa di risonanza a questi ammonimenti alla luce di quanto si sta verificando quest'anno. A raccogliere iscrizioni sono soprattutto i Pip. Nei primi nove mesi dell'anno la platea degli iscritti ai più costosi piani individuali di tipo pensionistico è cresciuta del 20%, contro l'1,6% dei fondi aperti. Sembra che le reti di vendita assicurative stiano attingendo con successo anche dagli aderenti dei fondi negoziali, che infatti registrano una diminuzione degli iscritti dell'1,6%: all'effetto dei prepensionamenti si aggiunge l'offensiva assicurativa.

Risulta difficile comprendere il motivo per cui, di fronte a prodotti alternativi così costosi, alcuni lavoratori decidano di abbandonare i negoziali. Come ha fatto presente la Covip, considerando i valori medi di costo per forma pensionistica e supponendo che tutte le altre condizioni – in particolare i rendimenti lordi siano uguali – la maggiore onerosità si traduce in una prestazione molto più bassa: su un periodo di partecipazione di 35 anni, l'importo finale è inferiore del 17% nel caso dei fondi aperti e del 23% per i Pip, rispetto a quanto messo a segno dai negoziali. Va ricordato, tra l'altro, che il passaggio da un fondo negoziale a un Pip si traduce non solo in un aumento dei costi, ma anche nella perdita del contributo datoriale, in media dell'1,5% della retribuzione.

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Tags Correlati: Antonio Finocchiaro | Mario Draghi | Maurizio Sacconi | Normativa |

 

I maggiori oneri di alcuni strumenti, tra l'altro, sono motivati esclusivamente dalla distribuzione. Capita così che via web si possa accedere ai medesimi comparti dei fondi pensione proposti dalle reti assicurative, a meno della metà.

Lo strumento principe per realizzare confronti è l'Isc (indicatore sintetico di costo). Si tratta in sostanza di un dato che fornisce una rappresentazione immediata dell'incidenza dei costi sostenuti nella fase di accumulo sulla posizione individuale dall'aderente. Proprio per rendere confrontabili le diverse forme di previdenza il legislatore ha imposto che l'Isc sia inserito nei prospetti e calcolato su più orizzonti temporali di permanenza con la medesima metodologia. Come spiega la dicitura richiesta dalla Covip nelle note informative: «Un Isc dello 0,5% riduce in 35 anni la prestazione finale di circa il 10%. Mentre un indicatore dell'1% taglia l'assegno del 20%». Quindi un costo intorno al 3%, come quello presentato da alcuni Pip, si traduce in un meno 60 per cento.

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