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Norme e Tributi Fisco

Comunicazioni black list senza sconti oltre confine

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 06:41.

Anche le operazioni effettuate dalla stabile organizzazione di un soggetto nazionale nei confronti di operatori insediati in territori a fiscalità privilegiata vanno riepilogate negli elenchi black list. Con questo principio, formalizzato nella risoluzione 121/E di ieri, le Entrate ribadiscono il carattere sostanzialmente onnicomprensivo dell'obbligo di comunicazione, secondo un orientamento già emerso nella circolare 53/E del 21 ottobre scorso.

Già in quella circolare si era affermata, in sostanza, la natura di soggetto "trasparente" della stabile organizzazione, così che gli scambi di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto stabilito in Italia nei confronti della stabile organizzazione di un operatore economico black list vanno sempre segnalate, anche qualora la stabile organizzazione sia situata in un Paese a fiscalità ordinaria. La risoluzione 121/E, in modo esattamente speculare, riserva il medesimo trattamento alla stabile di un soggetto italiano all'estero: le operazioni che intrattiene con un soggetto black list devono essere incluse negli elenchi riepilogativi presentati dalla casa madre. Questo perché, sostiene l'amministrazione, motivazioni connesse al rispetto della realtà economica e giuridica sostanziale impongono di considerare la stabile organizzazione come un'articolazione della casa madre e non un soggetto distinto.

Una visione dei fatti di questo tipo stride, però, con il sistema dell'Iva, nell'ambito del quale l'obbligo in discussione (in teoria) si colloca dove alla stabile è riconosciuta, quando agisce autonomamente, una propria identità nel luogo di insediamento. Nell'ottica antifrode del fisco, invece, nella valutazione circa la qualificazione soggettiva prevale sempre lo status "a monte" di operatore black list, per cui la stabile (come il rappresentante fiscale) è vista quale soggetto "trasparente", laddove ai fini Iva a essa, quando agisce autonomamente, è riconosciuta un'autonoma soggettività passiva nel luogo di insediamento. Nonostante l'impostazione "totalizzante" che permea la circolare 53/E, si era manifestato l'avviso (si veda Il Sole 24 Ore del 30 ottobre), in linea con la circolare Assonime 35 del 27 ottobre, che le stabili organizzazioni all'estero di soggetti nazionali dovessero rimanere fuori dall'obbligo di comunicazione in quanto, sotto l'aspetto territoriale, non sono soggetti passivi all'Iva in Italia - bensì nel luogo di insediamento - presupposto, invece, considerato essenziale dall'articolo 1 del Dl 40/2010 perché si sia tenuti all'adempimento.

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L'amministrazione confuta questa ipotesi osservando come non si possa ignorare l'essenza del rapporto fra stabile e casa madre, ove la prima agisce nell'interesse della seconda, soggetto passivo d'imposta in Italia. Questo status, in sostanza, si espande anche alla stabile organizzazione all'estero, che così, per ragioni connesse alla prevenzione al contrasto delle frodi, viene "attratta" dalla normativa nazionale sugli elenchi black list. La posizione delle Entrate, sebbene per certi versi prevedibile, non è tuttavia indolore: conferma la necessità per gli operatori di monitorare le operazioni poste in essere dalle proprie stabili estere, anche se insediate in territori a fiscalità ordinaria, al fine di segnalare le operazioni che svolgono con soggetti black list.

LE PRECISAZIONI
L'obbligo di comunicazione (risoluzione 121/E)
«Sul punto, inoltre, è intervenuta la circolare n. 53/E del 21 ottobre 2010 la quale stabilisce che, pur in mancanza di una specifica disposizione normativa, devono ritenersi soggetti all'obbligo di comunicazione in esame "anche gli scambi di beni ovvero le prestazioni di servizi che il soggetto stabilito in Italia realizza nei confronti della stabile organizzazione di un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list, qualora la stabile organizzazione sia situata in un Paese non incluso tra quelli a regime fiscale privilegiato".

In tale passaggio, quindi, la circolare citata stabilisce il principio secondo cui anche le operazioni intercorse con la stabile organizzazione situata in un Paese a fiscalità ordinaria sono soggette all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 1 del Dl n. 40 del 2010, se la predetta stabile organizzazione fa capo ad un soggetto economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list. Il predetto principio appare coerente con la realtà economica e giuridica sostanziale, in base alla quale la stabile organizzazione costituisce un'articolazione della casa madre e non un soggetto distinto dalla medesima».

La trasformazine dell'attività estera (risoluzione 122/E)
«Si ritiene che, nel caso rappresentato, la procedura di emersione si possa validamente concludere con il rimpatrio giuridico, in luogo di quello fisico, delle attività indicate nella dichiarazione riservata presentata nei termini di legge, qualora le cause ostative al rimpatrio fisico non possano essere rimosse entro il 31 dicembre 2010.

A tal fine, il contribuente è tenuto a conferire alla stessa società fiduciaria alla quale ha presentato l'originaria dichiarazione riservata un mandato di amministrazione delle medesime attività ivi indicate.

Alla data in cui la società fiduciaria prende in carico le attività oggetto della procedura di emersione sulla base del predetto mandato, la stessa deve rilasciare al contribuente una copia di una nuova dichiarazione riservata (nella quale non è barrata la casella delle cause ostative) che evidenzi il medesimo importo delle attività indicate nella dichiarazione di emersione originaria».

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