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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 06:41.
MILANO
Ultime battute per arrivare alla decisione della Commissione Ue di aprire o meno una procedura di infrazione sullo scudo fiscale italiano. A precisarlo ieri il commissario europeo Michel Barnier, in risposta all'interrogazione presentata da alcuni europarlamentari (si veda «Il Sole 24 Ore» del 12 novembre 2009). Il procedimento era stato infatti aperto dopo che un gruppo di eurodeputati dell'Italia dei Valori, tra cui Luigi De Magistris, ai quali si era aggiunto Vittorio Prodi del Pd, a titolo personale, e l'European Policy Forum di Londra avevano denunciato l'incompatibilità dello scudo con la normativa europea in materia di antiriciclaggio, di aiuti di stato e di fiscalità (con riferimento all'Iva).
Nella sua risposta, il commissario al Mercato interno, ha spiegato che: «La complessità della normativa italiana ha sollevato numerose e complesse questioni in relazione a importanti aspetti del diritto della Ue, in particolare la fiscalità, i movimenti di capitali e il riciclaggio, che hanno richiesto un'analisi approfondita e coordinata da parte di diverse Direzioni generali della Commissione».
L'esecutivo Ue ha avuto bisogno, ha spiegato Barnier, di esaminare le circolari delle Entrate e le informazioni fornite solo di recente dalle autorità italiane sui risultati dello scudo al Gruppo di azione finanziaria internazionale (Gafi).
Gli eurodeputati avevano segnalato che l'Italia non aveva mai avuto un via libera formale per lo scudo, fatto che sarebbe stato reso necessario in relazione all'Iva. L'imposta rientra infatti nelle risorse proprie della Ue e per poterne disporre gli stati devono chiedere l'autorizzazione Ue. Per gli eurodeputati lo scudo sarebbe un aiuto di stato selettivo, perché premierebbe gli imprenditori che se ne sono avvalsi (e lo stesso argomento è stato ripreso dalla Cassazione quando la scorsa estate ha sollevato la questione della sanatoria delle "vecchie" liti pendenti). Le regole antiriciclaggio sarebbero state violate per l'assenza di segnalazione, con l'aggravante dell'anonimato e del frazionamento delle operazioni.
Su questi punti la Commissione dovrà ora decidere se archiviare la posizione dell'Italia o dare avvio a una procedura d'infrazione.
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