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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 14:57.
di Andrea R. Castaldo
Con la legge del 30 dicembre il Vaticano si dota di una disciplina organica in tema di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (si veda «Il Sole 24 Ore» del giorno successivo). La normativa, in vigore dal 1° aprile 2011, sana un'imbarazzante lacuna e, se formalmente emanata in esecuzione della Convenzione monetaria tra Vaticano e Ue del 17 dicembre 2009, di fatto arriva sull'onda dell'inchiesta giudiziaria romana nei confronti dello Ior (la notizia era stata anticipata dal Sole 24 Ore del 22 ottobre 2010).
Completa il quadro la Lettera apostolica in forma di «Motu proprio» a firma del Pontefice, sempre del 30 dicembre, con la quale la Santa Sede e gli organismi dipendenti recepiscono la legge antiriciclaggio.
L'impianto è molto simile a quello italiano, a sua volta espressione di politiche comunitarie e internazionali omogenee. Sul fronte della prevenzione, nel tradizionale approccio bifasico, si registrano i consueti obblighi di collaborazione attiva a carico di una nutrita schiera di soggetti, tra cui spiccano intermediari bancari e finanziari e professionisti quali revisori, notai e avvocati. Gli obblighi consistono nell'adeguata verifica della clientela (identificazione del soggetto che compie l'operazione e informazioni sulla sua natura), in attuazione della regola del know your customer, a tipologia semplificata o rafforzata secondo la calibrazione del rischio riciclaggio; nella registrazione e conservazione per cinque anni dei dati; nella segnalazione dell'operazione sospetta all'Aif (Autorità di informazione finanziaria), incaricata di vagliarla e, in caso di istruttoria positiva, di trasmettere la notitia criminis al Promotore di giustizia.
Quanto al versante repressivo, l'articolo 421 bis del Codice penale codifica il delitto di riciclaggio e di autoriciclaggio, con conseguente confisca, anche per equivalente, del prodotto o profitto del reato in caso di condanna. Viceversa, l'inosservanza degli obblighi di collaborazione è punita soltanto in via amministrativa, con una sanzione pecuniaria tra 10mila e 250mila euro, irrogata dall'Aif.