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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2011 alle ore 09:00.
Privato in vita, per sempre pubblico in eredità. Decine di password (e tonnellate di carta...) per tutelare la privacy. Lucchetti invisibili per sottrarre a occhi indiscreti le foto personali, i propri "viaggi" su internet, i blog, i pensieri espressi solo agli amici via email o profili blindati persino sui social network. O, più prosaicamente, chiavi di accesso multiple nascoste tra i file per difendere conti correnti e investimenti nascosti.
Ma, se non si provvede prima, ecco che i segreti (lievi o inconfessabili) diventano lacrime nella pioggia dei bit. Perché al momento della successione si attua un curioso quanto non meditato rovesciamento di fronte: i servizi del web 2.0 si trasformano in cassetti aperti, senza riguardo per le informazioni che l'interessato voleva trasmettere alle persone care, distruggere o lasciare in stand by nell'eterno della rete.
Non sempre con conseguenze piacevoli: anche senza arrivare ai picchi della cronaca, come la disastrosa apertura dei file di Alberto Stasi nell'omicidio di Garlasco, è vero che oggi, nel cuore del pc, si riversano spesso altri se stessi. Che, come le lettere di un amore trascorso, sarebbe meglio lasciare "in riposo".
La realtà è che solo pochissimi pensano all'eredità digitale. Anche se la platea si sta affollando. Un passo importante è arrivato da Facebook che da fine 2009 consente la pratica di "memorializzazione": basta richiedere che, in caso di decesso, il proprio account venga trasformato in commemorativo o rimosso del tutto. Se l'account viene trasformato in commemorativo, alcune informazioni sensibili vengono rimosse e la privacy è impostata in modo che solo gli amici possano visualizzare il profilo. «La bacheca – si legge sul modulo – continua a essere disponibile in modo che amici e familiari possono lasciare post in memoria della persona defunta». E viceversa, perché internet si propone anche di "allungare" l'esistenza. In un incrocio fino a poco fa impensabile tra la fantascentifica semivita post morte di Philip Dick e il moderno avatar di Second Life, alcuni siti provvedono a spedire messaggi o istruzioni dall'aldilà. Come ricorda il libro di Evan Carroll e John Romano «Your Digital Afterlife», recensito sul Sole 24 Ore del 23 dicembre scorso, tra i primi sono stati AssetLock e Estate Logic. In Francia è stato attivato La vie d'apres, che trasmette – in nome e per conto del defunto – messaggi, video, foto, parole, password per i social network o le email, in modo che i destinatari continuino a farlo vivere (sul web). Dettagliatissime, ancora, le indicazioni di The digital beyond che spiega punto per punto che cosa può accadere e che cosa bisogna fare in caso di trapasso, se si è iscritti su Facebook, Gmail, Twitter, Yahoo e YouTube.