Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 19:40.
Integrale Data Udienza: 23/09/2009 Presidente Sezione: SCIARELLI Guglielmo Relatore: CURZIO Pietro Pubbl. Ministero: FUCCI Costantino -------------------------------------------------------------------------------- PREVIDENZA ED ASSISTENZA - CONTRIBUTI E PRESTAZIONI --------------------------------------------------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere Dott. CURZIO Pietro - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: SO. CO. AR. DI. GA. AL. SA. , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell'avvocato SABATINI FRANCO, (STUDIO SINAGRA, SABATINI, SANCI), che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso; - ricorrente -
contro I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della So. di. Ca. de. cr. IN. , S.C.C.I. S.p.A, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, SGROI ANTONINO, giusta delega in calce al controricorso; - controricorrente - e contro S.C.C.I. CA. CR. IN. S.P.A., GE. S.P.A.; - intimati - avverso la sentenza n. 168/2005 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 03/03/2005 R.G.N. 1035/04; udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 23/09/2009 dal Consigliere Dott. CURZIO Pietro; udito l'Avvocato SGROI ANTONINO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTO E DIRITTO La " So. co. ar. di. ga. Al. Sa. " chiede la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di L'Aquila, pubblicata il 3 marzo 2005, che ha rigettato l'appello contro la decisione con la quale il Tribunale di Sulmona aveva respinto l'opposizione a due cartelle esattoriali (dell'importo, rispettivamente di lire 75.048.435 e di 9.692,70 euro) proposta dalla Societa' ricorrente nei confronti dell'INPS, della So. di. ca. de. cr. In. e della Ge. spa, concessionaria del servizio di riscossione per la provincia de L'Aquila.
L'INPS ha depositato un controricorso. La Ge. non ha svolto attivita' difensiva. Il ricorso e' articolato in due motivi. Il primo motivo ripropone la posizione assunta con il secondo motivo di appello, il cui contenuto, secondo la societa', sarebbe stato equivocato dalla Corte de L'Aquila, che non avrebbe pertanto centrato il problema sottopostole. Il motivo e' cosi' rubricato: "insufficiente e omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, prospettato dalle parti - violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 24". Si assume che nel motivo di appello si censurava la sentenza di primo grado "per non aver rilevato l'inammissibilita' dell'iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 24 cit. per mancata definizione del procedimento amministrativo". Secondo l'appellante, poiche' la cooperativa, ricevuta la notifica del verbale di accertamento n. (OMESSO), aveva proposto ricorso alla sede territoriale dell'INPS, non si sarebbe potuto procedere alla iscrizione a ruolo prima della decisione sul ricorso. Al contrario l'Istituto ha provveduto alla iscrizione a ruolo in pendenza del procedimento amministrativo.
La Corte d'Appello non avrebbe colto la questione "confondendola con un inesistente richiamo alle prescrizioni che regolano l'opposizione ad ordinanza ingiunzione per irrogazione di sanzioni amministrative (Legge n. 689 del 1981)" e omettendo cosi' di motivare sullo specifico motivo di gravame. La critica non e' fondata. La sentenza si esprime specificamente sul problema postole, affermando che "la giurisprudenza della Cassazione e' ferma nel senso che le vicissitudini dell'iter amministrativo non precludono comunque all'INPS di esercitare la facolta' di procedere alla iscrizione a ruolo dei crediti per contributi previdenziali". Non si e' pertanto in presenza di una omissione o insufficienza di motivazione, ma di una motivazione stringata e tuttavia valida. Il Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 24 prevede che i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versati nei termini... o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici sono iscritti a ruolo...". Nell'ipotesi di accertamento effettuato dall'ufficio, si distinguono due situazioni. Il caso in cui l'accertamento sia impugnato dinanzi all'autorita' giudiziaria, nel quale l'iscrizione e' eseguita in presenza di un provvedimento esecutivo del giudice, e quello del gravame amministrativo.
In questo secondo caso (che e' quello che rileva nella controversia in esame) l'iscrizione e' eseguita "dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dall'articolo 25". L'articolo 25 cosi' dispone: "I contributi o premi dovuti... sono iscritti in ruoli esecutivi, a pena di decadenza:...b) per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento e' divenuto definitivo". Il comma 2 aggiunge. "Dopo l'iscrizione a ruolo, l'ente, in pendenza di gravame amministrativo, puo' sospendere la riscossione con provvedimento motivato notificato al concessionario ed al contribuente". Pertanto, dalla lettura della norma si deduce che solo nel caso di ricorso giudiziario, si determina l'effetto inibitorio della iscrizione a ruolo e, simmetricamente, non si ha decadenza sino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento giudiziario e' divenuto definitivo.
Al contrario, nel caso di ricorso amministrativo, l'iscrizione deve comunque avvenire entro i termini di decadenza previsti dall'articolo 25, comma 1 e la pendenza di un procedimento amministrativo comporta solo una facolta' per l'ente che iscrive di sospendere la riscossione. Facolta' che deve essere esercitata con provvedimento "motivato" notificato al concessionario e al contribuente. Provvedimento che peraltro e' revocabile qualora sopravvenga fondato pericolo per la riscossione. Il secondo motivo di ricorso e' cosi' rubricato: "violazione e falsa applicazione dell'articolo 2094 c.c., in relazione al Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 24 nonche' di ogni norma e regola giurisprudenziale in materia di valutazione della prova - Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia". Si assume che, nel valutare la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 2094 c.c., la Corte avrebbe dato rilievo ad un dato quale il vaglio e controllo dell'attivita' lavorativa che e' cosa diversa dal potere direttivo e disciplinare, mentre l'osservanza dell'orario di lavoro e la corresponsione di un compenso fisso sono compatibili con il lavoro autonomo. Si aggiunge che la sentenza omette di considerare alcuni documenti relativi alla attivita' di impresa del lavoratore Di. Do. , nonche' una fattura per servizi di copisteria, i quali attesterebbero che le parti hanno inteso costituire un rapporto di natura autonoma. Il motivo e' formulato in modo generico e pone questioni attinenti al merito. Non specifica quali regole nella valutazione delle prove sarebbero state violate, limitandosi ad affermare che sarebbe stata violata "ogni norma e regola giurisprudenziale in materia di valutazione della prova". Allude a illogicita' della motivazione, senza fornire alcun precisazione in proposito. Il ricorso pertanto deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita' in favore dell'INPS, costituitosi. P.Q.M. LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la societa' ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita', liquidandole in 13,00 euro per spese e 3.000,00 euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali, in favore dell'INPS. RIFERIMENTI: Legge Giurisprudenza