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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 08:11.
Il confronto è stato «serio» e «di merito», ma per dare un giudizio i sindaci aspettano «numeri ufficiali, scritti nei testi degli emendamenti e in una relazione tecnica»; in tempi brevi, visto che l'associazione dei comuni ha riconvocato l'ufficio di presidenza per domattina.
«È stata una buona discussione – sintetizza Salvatore Cherchi, il responsabile Anci per la finanza locale che insieme a Osvaldo Napoli (vicepresidente) e Angelo Rughetti (segretario generale) si è seduto al tavolo con il governo –, ma non ci si può chiedere un sì o un no senza un quadro definito: è anche una questione di rispetto fra soggetti istituzionali che discutono».
Nell'incontro di ieri con il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli e una delegazione del ministero dell'Economia le «aperture» annunciate nei giorni scorsi dal governo ci sono state: dallo sblocco dell'addizionale Irpef alla definizione dell'aliquota di riferimento per l'imposta municipale unica sul possesso degli immobili, il pacchetto offerto dall'esecutivo ha molti ingredienti chiesti dagli amministratori locali. Sui numeri, però, si annuncia battaglia. Sul tavolo di ieri è arrivata per esempio un'ipotesi di compartecipazione dei comuni al gettito della cedolare secca, che resterebbe ai sindaci per il 20%.
Per ora questa cifra «non torna» con i calcoli dei sindaci, che dalla compartecipazione alla cedolare attendono il pilastro-chiave per mantenere saldo il livello di entrate nel periodo transitorio verso il nuovo fisco. Il meccanismo, comunque, trasferisce allo stato i rischi di perdita di gettito, e in linea di principio il governo si è detto intenzionato a lasciare sul territorio l'aumento «naturale» dei frutti fiscali del mattone. Il settore viene da anni di magra, e gli analisti giudicano probabile una ripresa del ciclo di crescita dei valori: circola anche qualche stima, di fonte governativa, secondo cui questa dinamica permetterebbe ai comuni di contare su un aumento strutturale di 800 milioni all'anno alla fine del prossimo triennio.
Sull'Imu, essenziale invece per i bilanci con la riforma a regime, i calcoli del governo fissano l'aliquota di riferimento intorno al 7,5 per mille (si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 24 gennaio), grazie all'allargamento della base imponibile che lascerebbe ai comuni la scelta di fissare un prelievo più leggero per gli immobili strumentali delle imprese. I numeri dell'Ifel, l'istituto per la finanza e l'economia locale dell'Anci, sono diversi, e individuano il punto di equilibrio verso quota 8,5 per mille: al centro della discussione c'è anche l'effettivo valore degli immobili degli enti ecclesiastici ri-esentati dall'imposta, che secondo i calcoli governativi sottraggono al gettito non più di 70-80 milioni.