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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 07:35.
Il ruolo di attori sulla scacchiera fiscale – che annovera fra i protagonisti il ministro e gli imprenditori, i consumatori e i professionisti – come posizione di impegno civile. È stato il direttore del Sole 24 Ore, Gianni Riotta, ad aprire con un'immagine forte – quantomeno per un paese che sconta da sempre un'evasione altissima e per contrappasso una pressione equipollente – i lavori della ventesima edizione di Telefisco.
Riotta, che ha tagliato ieri il nastro della sua «seconda edizione» personale, nel saluto iniziale ha voluto sottolineare «a tutti gli amici collegati l'importanza di questo appuntamento, al ministro Giulio Tremonti, al direttore delle Entrate Attilio Befera e al presidente dei commercialisti ed esperti contabili Claudio Siciliotti». Importanza che non è tanto «per i collegamenti che noi oggi abbiamo grazie ai new media», e che non si giustifica neppure «per un interesse industriale nè commerciale nè di media», ma che invece risiede, secondo il direttore del Sole 24 Ore, «nell' impegno civile» che ciò rappresenta. «Il fisco – ha detto Riotta – va a incidere nella vita di tutti, dalle grandi imprese ai più semplici cittadini. Il nostro impegno di giornalisti è mediare tra l'autorità centrale, i consumatori e gli ordini», in sostanza tra gli attori della partita fiscale, «con l'obiettivo che ognuno nell'ambito della propria attività e dei suoi interessi non veda mai i propri diritti conculcati». Riotta ha quindi concluso sottolineando che «questo è il compito, questa è da sempre la passione del Sole 24 Ore».
L'ad del Gruppo 24 Ore, Donatella Treu, nel saluto agli ospiti ha evidenziato il record storico di partecipanti a Telefisco, «un momento per noi particolare, seguito da tutti i media del gruppo, dal quotidiano al sito alla radio, e che nei giorni prossimi sarà sviluppato dall'area professionale del gruppo». Un impegno, ha aggiunto Treu, «coerente con la strategia dell'azienda, sempre più vicina al lettore e al cliente, ambito in cui i dottori commercialisti sono per noi un mercato privilegiato e a noi tradizionalmente molto caro».