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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 07:35.
L'auspicio è che i testi unici sostituiscano le norme arlecchino. E che le esigenze di cassa spingano l'acceleratore sulla lotta all'evasione, più che colpire chi le tasse le paga già. Che «il 2011 sia l'anno della riforma fiscale» è l'attesa espressa dal presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Claudio Siciliotti, nel corso di Telefisco 2011. Ma a determinate condizioni. Innanzitutto, la semplificazione normativa «perché servono testi unici e non si può procedere con norme arlecchino». Poi «bisogna rincorrere l'evasione e non semplicemente le finalità di gettito. Talvolta ci si dimentica di colpire chi non paga. Mentre su questo fronte i commercialisti sono pronti a fare la propria parte».
Siciliotti ricorda che «Il ruolo dei professionisti si può valutare proprio dai risultati sulle indebite compensazioni Iva, sulle quali si è garantito un risparmio per 6 miliardi di euro, ottenuto con il visto di conformità da parte dei commercialisti. Serve un po' più di riconoscenza da parte dell'Agenzia. Non possiamo più accettare solo di essere travolti da adempimenti e responsabilità».
Quanto al fisco del 2011, il presidente dei commercialisti ha evidenziato che «sembra più orientato all'efficienza della riscossione e meno ai contrappesi necessari» a favore del contribuente. Come lo squilibrio tra accelerazione dei tempi della riscossione e stagnazione dei tempi della giustizia tributaria. Oppure quello tra entrata in vigore dei nuovi limiti alla compensazione tra crediti e debiti fiscali e la mancata attuazione dei contrappesi previsti.
Inevitabile il riferimento al redditometro, che però, spiega ancora Siciliotti, «non c'è ancora, e su questo abbiamo espresso delle critiche. Se diventa una somma di congetture difficili da seguire – sottolinea il presidente dei commercialisti – se ne perde l'efficacia». Mentre sul fronte dello spesometro, che passa attraverso la tracciabilità degli acquisti, «non vanno trascurate le esigenze della privacy dei cittadini». Proprio la norma in base alla quale dal 1° maggio per ogni spesa superiore ai 3.600 euro occorrerà essere identificati con il codice fiscale – sottolinea Siciliotti – rappresenta «una invasione della privacy, che non esiste in nessun Paese e che non deve essere considerata normale».